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CERNOBBIO I comizi sono un bagno di folla, gli appuntamenti ai gazebo un incontro ravvicinato con gli elettori, le feste di partito rito collettivo. Ma a ridosso delle elezioni l’appuntamento al forum di Cernobbio è un passaggio ineludibile. E allora eccoli qui, i sei candidati principali, sulle rive del lago di Como, a misurarsi davanti alla platea di imprenditori, banchieri, economisti.
APPLAUSOMETRO
Il segretario del Pd Enrico Letta conosce bene l’ambiente, ha già partecipato a sette edizioni benché non in veste di politico. Cammina felpato, stringe mani, sa come muoversi. Giuseppe Conte sceglie la connessione da remoto, si scusa con i presenti ma l’operazione ha l’aria di una mezza resa, Antonio Tajani porta a casa il risultato onorevolmente, tutti i riflettori sono per la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il capo della Lega Matteo Salvini.
«Tra i due è finita in pareggio», concordano i presenti. Ma è Carlo Calenda, segretario di Azione, a vincere il test dell’applausometro. Trenta secondi buoni, «lui ha un passato nel mondo imprenditoriale, sa cosa dire in un contesto come questo», i commenti unanimi. Alla fine, nel confronto, «hanno prevalso i problemi e le soluzioni - sottolinea un manager - perché al di là delle schermaglie ogni rappresentante politico ha elencato i nodi da sciogliere in un momento difficile. In questo senso mi sento di dire che ha vinto il senso di responsabilità». Il forum Ambrosetti, per la politica, è sempre una sfida ostica e ieri ancora di più perché i candidati sono stati catapultati in una sala dove «il 90% è orfano di Mario Draghi» e lo rimpiange apertamente.
«Che peccato che non sia qui con noi, che nostalgia», si rammarica Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis, agenzia per il lavoro quotata in Borsa.
Tra i primi a riemergere dal dibattito c’è l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Diciamo che ciascuno ha ribadito sia nei contenuti che nello stile ciò che già conoscevamo. Credo sia stato messo in evidenza un elemento comune: come si difende l’interesse nazionale».
A Cernobbio i contenuti prevalgono sugli effetti speciali, anche se Salvini esordisce con una mossa a sorpresa. Inforca un paio di occhiali e sfodera la novità: «Parto da quello di cui avete discusso e mi permetto di farlo con qualche slide», annuncia schioccando le dita. «Le slide», ripete ironica Giorgia Meloni. Risate sommesse dal pubblico e subito si torna ai fondamentali. Come sottolinea Claudio Bassoli, presidente e ad di Hewlett Packard Enterprise Italia, «i confronti sono sempre molto interessanti per capire i politici e i loro programmi. Oggi hanno posto al centro una questione importante, ovvero che la priorità è risolvere il problema energetico affinché i cittadini e le imprese possano continuare a crescere e proliferare». Oltre ai temi dell’innovazione e della digitalizzazione, «per noi industriali molto importanti, auspichiamo che qualunque governo li porti avanti con forza».
La sensazione del presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici è che quest’anno l’asticella si sia alzata, con una «visione storica e generale sulle prospettive del Paese imposta anche dalla situazione di crisi generale che rischia di compromettere l’ordine geopolitico». Salvini è venuto qui a caccia di futuri ministri? «Ha detto di aver contattato alcuni nomi in platea, ma è sempre stato così. Questa non è una scuola di ministri, tuttavia a Cernobbio convergono figure che poi emergono a livello istituzionale, come in alcuni think tank americani». Nella Davos italiana i politici mirano dritto all’obiettivo: convincere il mondo produttivo di essere la scelta migliore per il Paese. «Ciascuno ha puntato a ottimizzare il proprio risultato e a rispondere alla propria fascia di elettori. Del resto siamo in piena campagna in vista del voto e la platea ha recepito con interesse», riflette Angelo Costa, amministratore delegato di Arriva Italia, operatore del settore del trasporto pubblico locale.
STRATEGIE
A giocare in casa sono Letta, presente dal 1999, e Calenda: «La sua provenienza dal mondo delle aziende lo ha premiato. Ha detto bisogna far sì che le cose accadano ed è la frase tipica di chi guida un’azienda: pianificazione, programmazione e realizzazione. Quanto a Giorgia Meloni, ha bocciato il reddito di cittadinanza e sapesse io, con una società per il lavoro, quante potrei raccontarne», si sfoga Rasizza. Per Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia, alla fine «il dibattito è stato abbastanza elettorale, del resto con dieci minuti a testa non è facile giudicare. Spero che in materia di energia si faccia un discorso molto serio sulle opzioni disponibili. Ciò che mi sento di chiedere ai nostri politici è un’opera di raccolta dati e di studio prima di prendere delle decisioni». Al presidente di Confindustria Digitale Elio Catania, in ogni caso, sono bastati dieci minuti per farsi un’idea: «Dal dibattito sono emersi quelli che hanno l’ossessione di fare le cose rispetto a quelli che hanno una visione antica».
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Il Messaggero