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Non gli sono bastati i milioni di euro che avrebbe ricavato dalla vendita di gioielli, appartamenti, quadri e arredi di proprietà di Gina Lollobrigida, «abusando dello stato di deficienza psichica» della diva 95enne. Il suo ex tuttofare Andrea Piazzolla - già sotto processo davanti al Tribunale della Capitale per circonvenzione di incapace ai danni dell’attrice - rischia di finire per la terza volta a giudizio con la stessa accusa. Secondo la Procura, il 34enne «la induceva a compiere atti a lei pregiudizievoli, consistenti - si legge nel capo di imputazione - nella vendita dell’autovettura Jaguar, modello F-Type Project 7, a un prezzo di 130mila euro, che si faceva accreditare» sul suo conto corrente.
Gina Lollobrigida, l'indagine
Dall’indagine svolta dai militari del nucleo di polizia economica-finanziaria di Roma, sotto il coordinamento del sostituto procuratore Laura Condemi, è emerso inoltre che Piazzolla, nel luglio del 2018, avrebbe trasferito «il denaro proveniente dalla commissione di tale delitto in attività economiche e imprenditoriali, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa». Per questo motivo, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il pm gli contesta anche il reato di autoriciclaggio, oltre alla circonvenzione di incapace. Da tuttofare con delega alla tintoria, ad amministratore della “Vissi d’Arte”, la società che gestiva il patrimonio milionario dell’attrice: è stata questa la rapida ascesa del factotum. La “Lollo” conosce Andrea Piazzolla nel 2009, all’epoca lui aveva appena 21 anni.
Nel maggio 2020 è finito nuovamente a giudizio per lo stesso reato, perché avrebbe portato via dalla casa della Lollobrigida quadri, cimeli e arredi, per poi metterli all’asta con la complicità di un ristoratore romano, Antonio Salvi. Tra questi anche «Venere e Amore»: un dipinto di scuola francese della fine del ’700. Per giustificarsi, le aveva detto che i beni sarebbero stati spostati in un’altra abitazione in vista di lavori di ristrutturazione della villa. L’affare, però, non era andato a buon fine grazie all’intervento della Finanza, che da tempo seguiva i movimenti del giovane; il quale, in qualità di «consulente, convivente e uomo di fiducia» della diva, «unico suo punto di riferimento con il mondo esterno», avrebbe agito con «abilità e pervicacia fuori dal comune».
Ora alla 95enne è stato assegnato un amministratore di sostegno, in quanto «particolarmente vulnerabile e suggestionabile» - si legge nel capo di imputazione - e non in grado di amministrare autonomamente il suo patrimonio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero