E se Facebook diventasse a pagamento? Se la privacy non fosse più un diritto ma un prodotto di lusso per cui spendere parte del nostro reddito? Un tempo era la più...
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GIARDINO PROTETTO
«Già oggi - racconta Nicola Zamperini, autore del libro “Manuale di disobbedienza digitale” - Facebook, ma anche le altre techno-corporation, ci garantiscono un “giardino protetto”, ma alle loro condizioni. In base a un algoritmo decidono quali post vediamo, quali foto sono condivisibili. La vera notizia, tra i tanti “non so” e le cose scontate che Zuckerberg ha offerto in questa doppia deposizione, è che si sta prendendo in considerazione un modello differente, a pagamento». Sia chiaro: l’accesso a Facebook sarà sempre gratuito, ma per la prima volta si intravede un futuro alternativo, non prossimo ma neppure remoto, in cui potremo comprare un accesso “Vip”, che proteggerà i nostri dati. Già oggi esistono sistemi per rendere meno accessibili le informazioni che regaliamo a Facebook, spesso siamo noi stessi che ci consegniamo mani e piedi a distorsioni come quella di Cambridge Analytica. Ma pochi utenti sanno orientarsi nei filtri esistenti. Lo ha detto lo stesso Zuckerberg nella seconda audizione in cui ha indossato di nuovo la cravatta e lasciato a casa la t-shirt che lo aveva sempre caratterizzato anche nel suo avatar del film The Social Network. Sta cambiando lui, cambierà Facebook. D’altra parte il fondatore ha dovuto rispondere un imbarazzante «sì» alla domanda: «Anche i suoi dati personali sono compresi tra quelli venduti a terze parti scorrette?». Altro passaggio delicato, quello sulla politica e di chi prova a influenzare illegittimamente gli esiti elettorali.
I NEMICI
Tra i nemici principali ci sono i finti account russi, tanto che Zuckerberg ha detto riferendosi alla Russia: «Questa è una corsa agli armamenti, continueranno a migliorare». Eh sì, perché da una parte senatori e deputati americani hanno messo alle strette Zuckerberg sul ruolo di sostanziale monopolista, ma al contempo la politica americana sa di non potere fare a meno di Facebook, di Google o Amazon, perché sono garanti dell’egemonia americana. Scena finale, che potrebbe convincere Aaron Sorkin a scrivere un seguito di The social Network: «Agli americani non piace essere spiati, voi state raccogliendo informazioni anche su persone che non hanno un Facebook?», chiede la democratica Kathy Castor. Zuckerberg balbetta: «La gente sceglie di condividere dati, questo è il modo primario in cui Facebook funziona».
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Il Messaggero