Una taglia da 20 milioni di dollari per chi fornisca informazioni sul suo destino. Dopo l'offerta di 5 milioni da parte dell'Fbi, anche il dipartimento di Stato Usa si...
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Tutto è partito dalla famiglia di Levinson, che aveva affermato di avere ogni motivo per credere che il proprio caro fosse vivo. Per questo si è rivolta al Gruppo di Lavoro dell'Onu che indaga sulle sparizioni forzate o involontarie e questa volta, a sorpresa, l'Iran ha risposto positivamente. «Stando alla dichiarazione del ministero della Giustizia, Robert Levinson ha un caso in corso davanti alla Corte rivoluzionaria di Teheran», si legge nella email inviata dagli investigatori Onu alla famiglia. In febbraio invece Teheran aveva chiesto allo stesso gruppo di lavoro di chiudere la sua indagine su Levinson, in quanto «non è stata fornita alcuna prova che dimostri la sua presenza nelle prigioni iraniane». È quindi la prima indicazione in oltre un decennio che l'ex agente dell'Fbi potrebbe essere detenuto in Iran e sottoposto ad indagini. In genere la Corte rivoluzionaria tratta casi di spionaggio, sovversione, contrabbando, blasfemia, con processi a porte chiuse che per gli occidentali o gli iraniani con doppia nazionalità si concludono spesso con condanne da usare come merce di scambio nei negoziati.
Gli Usa sostennero a lungo che l'uomo - un agente Fbi che si era distinto in operazioni contro la mafia italiana e russa - stava lavorando in quell'occasione per un'azienda privata.
«Nessun caso giudiziario è stato formato nei tribunali iraniani, incluso il tribunale rivoluzionario, sull'ex agente della Cia Robert Levinson» ha però detto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mousavi, citato dall'agenzia Isna, aggiungendo che come mossa umanitaria l'Iran ha aperto un caso relativo a Levinson solo come «persona scomparsa. Non abbiamo informazioni sul destino del cittadino americano, ma facciamo del nostro meglio per aiutare a risolvere il problema», ha ribadito Mousavi. (ANSA). Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero