Sono stati recuperati dalla Guardia costiera libica e riportati indietro i 20 migranti che avevano lanciato l'allarme attraverso il numero di emergenza di Alarm Phone. Ne ha...
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Dopo che l'allarme era stato lanciato dai migranti («Se non arriveremo in Italia moriremo tutti», aveva detto al telefono uno dei venti a bordo), dalla ong Sea Watch era partita l'accusa: «Né gli Stati né le compagnie private vogliono aiutarli». Mentre Salvini aveva risposto che la barca «è in Libia, lontanissimo dall'Italia». Oltre ai venti a bordo, sono stati segnalati otto dispersi. Dalla Libia in fiamme, dunque, continuano a partire carrette del mare dirette verso l'Europa. L'Unhcr parla di «condizioni di insicurezza» a Tripoli ed oggi ha trasferito 120 migranti da un centro di detenzione ad una struttura protetta. «Visto che la Libia non è sicura - spiega l'Agenzia dell'Onu - i migranti soccorsi non devono esser riportati lì». E il Mediterraneo centrale è un mare sempre più a rischio per la mancanza di mezzi di soccorso, dopo la chiusura della missione Ue Sophia e l'offensiva anti-ong. L'unica nave umanitaria presente è la Alan Kurdi di Sea Eye, che si trova fuori dalle acque territoriali di Malta con a bordo 63 migranti salvati una settimana fa e respinti prima dall'Italia e poi da La Valletta. Ed i mercantili privati, anche dopo il recente caso di dirottamento subito da parte di migranti soccorsi, sono sempre più restii a intervenire. Alle sei del mattino, a quanto fa sapere Alarm Phone, la telefonata di allarme: una ventina di persone, tra cui anche donne e bambini, su un barcone che ha perso il motore e vaga nelle acque tra Tunisia e Libia. «Tutte le autorità sono state informate, ma nessuno sforzo è stato fatto. Senza dubbio, se i dispersi fossero europei e bianchi un'operazione di salvataggio sarebbe già stata effettuata». Da un aereo della missione Sophia che ha sorvolato l'area è stata data l'indicazione di chiamare le autorità tunisine, che però non sono intervenute. Sea Watch nel pomeriggio ha chiesto all'armatore olandese Vroon, le cui navi VOS Triton e Aphrodite sono vicine all'imbarcazione alla deriva, la disponibilità a intervenire. Ma anche in questo caso non ci sono state risposte. E senza risposte, ormai da una settimana, si trova anche la Alan Kurdi, che si tiene fuori dalle acque maltesi, senza aver avuto l'autorizzazione a sbarcare i 63 salvati, tra i quali due bimbi di 11 mesi e 6 anni e due donne incinte. Ieri una giovane nigeriana che era collassata è stata trasferita a Malta, ma le autorità della Valletta non hanno finora concesso il porto sicuro alla nave umanitaria.
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