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È alta la tensione interetnica nel nord del Kosovo, dove da 17 giorni proseguono barricate e blocchi stradali a opera della locale popolazione serba. Il presidente serbo Aleksandar Vucic, nella sua qualità di capo supremo delle Forze armate, ha ordinato lunedì sera lo stato di massima allerta per l’esercito e le forze di polizia del Paese balcanico.
ARRESTI E BARRICATE
Nel darne notizia, i media a Belgrado riferiscono che la decisione è stata presa per la necessità di difendere la popolazione serba a fronte di quelle che vengono ritenute crescenti provocazioni e minacce alla sicurezza e incolumità fisica da parte delle autorità di Pristina. Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, ma Belgrado ha rifiutato di riconoscerla e ha incoraggiato i 120.000 serbi etnici del Kosovo a sfidare l’autorità di Pristina, specialmente nel nord dove i serbi etnici costituiscono la maggioranza. L’esercito serbo è stato più volte messo in stato di allerta per le tensioni con il Kosovo negli ultimi anni, l’ultimo allarme a novembre dopo che il governo ha affermato che diversi droni sono entrati nello spazio aereo serbo dal Kosovo. Il 10 dicembre i serbi hanno allestito nel Kosovo settentrionale barricate per protestare contro l’arresto di un ex poliziotto sospettato di essere coinvolto in attacchi contro agenti di polizia di etnia albanese.
LA MEDIAZIONE DI BRUXELLES
«Il presidente della Serbia ha ordinato all’esercito il grado di massima allerta, comunicando di tenersi pronto al combattimento», ha annunciato lunedì in una dichiarazione il ministro della difesa Milos Vucevic. Precisando che il presidente Aleksandar Vucic ha anche ordinato di rafforzare le forze armate speciali, aumentando il numero dei soldati dagli attuali 1.500 a 5.000. Il ministero dell’Interno serbo ha anche informato che «tutte le unità passeranno immediatamente sotto il comando del capo di stato maggiore». Questi ordini di Vucic arrivano dopo che il capo generale dell’esercito Milan Mojsilovic è stato inviato domenica al confine con il Kosovo. «La situazione è complessa», ha ribadito Mojsilovic il giorno di Natale. Il nord del Kosovo è in subbuglio da novembre, quando centinaia di lavoratori di etnia serba hanno abbandonato il loro posto per protesta contro la controversa decisione di vietare le targhe automobilistiche emesse da Belgrado, una politica che alla fine è stata abolita da Pristina. Gli scioperi di massa hanno coinvolto anche magistrati e agenti di polizia, creando un vuoto di sicurezza in Kosovo. Il caso delle targhe ha risvegliato gli antagonismi serbo-kosovari, tanto da richiedere la mediazione di Bruxelles che non perde occasione per chiedere la normalizzazione delle relazioni tra i due Stati. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen l’ha fatto anche a novembre da Berlino, in occasione della Conferenza dei Balcani occidentali.
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