Kosovo, alta tensione con la Serbia. Belgrado ordina alle sue truppe «massima allerta». Cosa sta succedendo

La decisione presa dal presidente serbo Aleksandar Vucic, nella sua qualità di capo supremo delle Forze armate

Kosovo, alta tensione con la Serbia. Belgrado ordina alle sue truppe «massima allerta». Cosa sta succedendo
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Martedì 27 Dicembre 2022, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 19:46

È alta la tensione interetnica nel nord del Kosovo, dove da 17 giorni proseguono barricate e blocchi stradali a opera della locale popolazione serba. Il presidente serbo Aleksandar Vucic, nella sua qualità di capo supremo delle Forze armate, ha ordinato lunedì sera lo stato di massima allerta per l’esercito e le forze di polizia del Paese balcanico.

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ARRESTI E BARRICATE

Nel darne notizia, i media a Belgrado riferiscono che la decisione è stata presa per la necessità di difendere la popolazione serba a fronte di quelle che vengono ritenute crescenti provocazioni e minacce alla sicurezza e incolumità fisica da parte delle autorità di Pristina.

Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008, ma Belgrado ha rifiutato di riconoscerla e ha incoraggiato i 120.000 serbi etnici del Kosovo a sfidare l’autorità di Pristina, specialmente nel nord dove i serbi etnici costituiscono la maggioranza. L’esercito serbo è stato più volte messo in stato di allerta per le tensioni con il Kosovo negli ultimi anni, l’ultimo allarme a novembre dopo che il governo ha affermato che diversi droni sono entrati nello spazio aereo serbo dal Kosovo. Il 10 dicembre i serbi hanno allestito nel Kosovo settentrionale barricate per protestare contro l’arresto di un ex poliziotto sospettato di essere coinvolto in attacchi contro agenti di polizia di etnia albanese. Ora i timori riguardano in primo luogo un possibile intervento della polizia e delle forze di sicurezza kosovare per rimuovere i blocchi stradali che i serbi locali attuano per protesta contro l’arresto ritenuto ingiustificato di tre serbi e per l’invio al nord a maggioranza serba di massicce forze di polizia kosovara. Una protesta che riguarda tuttavia la generale politica della dirigenza kosovara ritenuta ostile e discriminatoria nei confronti dei serbi del Kosovo. La Serbia da parte sua, ha detto il primo vicepremier e ministro degli esteri Ivica Daci, è pronta a intervenire in caso di attacco alla sua popolazione nel Kosovo. Anche se, ha aggiunto, Belgrado è sempre impegnata a risolvere tutti i problemi con il dialogo e a mantenere la pace nella regione. «Noi siamo per la pace e il dialogo, ma se si arrivasse ad attacchi fisici e all’uccisione di serbi, e se la Kfor (la forza militare internazionale guidata dalla Nato) non dovesse intervenire, la Serbia sarà costretta a farlo», ha aggiunto Dacic. Il ministro degli esteri ha ricordato i tre principi che Belgrado ritiene invalicabili. Primo: la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo. Secondo: il fermo no all’indipendenza del Kosovo e alla sua eventuale ammissione all’Onu e ad altre importanti organizzazioni internazionali. Terzo: difesa della sicurezza e dell’incolumità fisica dei serbi del Kosovo.

LA MEDIAZIONE DI BRUXELLES

«Il presidente della Serbia ha ordinato all’esercito il grado di massima allerta, comunicando di tenersi pronto al combattimento», ha annunciato lunedì in una dichiarazione il ministro della difesa Milos Vucevic. Precisando che il presidente Aleksandar Vucic ha anche ordinato di rafforzare le forze armate speciali, aumentando il numero dei soldati dagli attuali 1.500 a 5.000. Il ministero dell’Interno serbo ha anche informato che «tutte le unità passeranno immediatamente sotto il comando del capo di stato maggiore». Questi ordini di Vucic arrivano dopo che il capo generale dell’esercito Milan Mojsilovic è stato inviato domenica al confine con il Kosovo. «La situazione è complessa», ha ribadito Mojsilovic il giorno di Natale. Il nord del Kosovo è in subbuglio da novembre, quando centinaia di lavoratori di etnia serba hanno abbandonato il loro posto per protesta contro la controversa decisione di vietare le targhe automobilistiche emesse da Belgrado, una politica che alla fine è stata abolita da Pristina. Gli scioperi di massa hanno coinvolto anche magistrati e agenti di polizia, creando un vuoto di sicurezza in Kosovo. Il caso delle targhe ha risvegliato gli antagonismi serbo-kosovari, tanto da richiedere la mediazione di Bruxelles che non perde occasione per chiedere la normalizzazione delle relazioni tra i due Stati. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen l’ha fatto anche a novembre da Berlino, in occasione della Conferenza dei Balcani occidentali.

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