È durato solo qualche ora il fermo di Antonella Napoli in Sudan ma la paura è stata tanta. A raccontarlo è la stessa giornalista, raggiunta telefonicamente a...
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«Stavo facendo foto subito dopo il ponte che collega Khartum alla città di Omdurman dove c'era un assembramento di persone, quando due uomini mi hanno intimato di seguirli e mi hanno portata in un edificio lì vicino», ha spiegato la giornalista. Il primo a dare l'allarme è stato il presidente di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. «Mi ha mandato un messaggio dicendomi che era stata fermata da persone qualificatesi come agenti di polizia. Poi si sono interrotte le comunicazioni», ha raccontato. A diffondere invece la notizia del rilascio, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che aveva dato istruzioni all'Ambasciata d'Italia a Khartum di attivarsi immediatamente in raccordo con la Farnesina che ha «preso formale contatto con le Autorità locali allo scopo di avere tutte le necessarie informazioni e di ottenere il rilascio della giornalista italiana nei tempi più rapidi».
A interessare i sedicenti poliziotti erano le foto scattate dalla giornalista: nel corso del fermo sono stati controllati la videocamera e lo smartphone e le immagini sono state cancellate. Anche in tempi di calma, foto e riprese sono malvisti dal regime di al-Bashir e chi conosce il Sudan sa che agenti in borghese e uomini della sicurezza sono a ogni angolo di strada, in ogni mercato, ovunque ci sia un raggruppamento di persone. Le procedure sono spesso tutt'altro che trasparenti anche se difficilmente - dati i buoni, anzi ottimi, rapporti con l'Italia - le autorità sudanesi si arrischiano a trattenere un connazionale. Ma in questi giorni la tensione è alta, l'uso dei lacrimogeni è continuo per disperdere le manifestazioni cominciate a metà dicembre contro il carovita e trasformatesi ben presto in aperta richiesta di dimissioni di al-Bashir, signore incontrastato e temuto del Sudan dal 1989. E così il rilascio è stato accolto con un sospiro di sollievo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero