È uno degli atenei più prestigiosi del Regno Unito e vanta 188 anni di storia, con tanto di motto tratto dai Salmi. Ma uno scandalo che si allarga fra i suoi...
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Kate e William, gli auguri al principe Harry che fanno infuriare Meghan Markle: l'affronto su Instagram
L'idea iniziale, come hanno denunciato diversi giornali riaprendo un dibattito allarmato ormai in corso da una settimana sull'isola, pare sia stata quella di dar vita a una competizione interna: vince chi riesce a portarsi a letto la ragazza più povera del campus. Un'espressione particolarmente ripugnante di elitismo “made in UK”, notano alcuni commentatori, che proprio nelle università e nella sottocultura di club e confraternite studentesche tocca tradizionalmente i punti più bassi fra rituali d'iniziazione e abusi sessuali compiuti anche a base di droghe e alcol, come emerso in non pochi fatti di cronaca.
Da una delle chat denunciate sul social network sono spuntate “discussioni” fra circa 60 ragazzi, in gran parte matricole, sorpresi a fare non solo i gradassi, ma a usare apertamente il verbo «stuprare», nonché a scambiarsi consigli sulle droghe più efficaci per eliminare «le inibizioni» delle potenziali vittime e sui modi per mantenere segrete le loro conversazioni via internet da circolo di giovin signori debosciati. Sono tutti studenti appartenenti alla upper-class, secondo la ricostruzione dei tabloid, che guardano con disprezzo evidente chi sia di più bassa estrazione sociale. E non solo: nella chat incriminata il classismo s'incrocia infatti con i peggiori toni sessisti infarciti di volgarità sulle ragazze, specialmente quelle meno abbienti catalogate alla stregua di oggetti per il divertimento personale o di trofei. Dopo la denuncia, l'università è finalmente intervenuta avviando un'inchiesta ma limitandosi per ora a minacciare provvedimenti di espulsione.
«Si tratta di commenti ripugnanti e di una chat inaccettabile per i nostri valori e i nostri principi», ha concesso un dirigente dell'ateneo, Jeremy Cook, in attesa che il rettorato di Durham passi dalle parole ai fatti. Intanto la vicenda torna ad alimentare l'eterno dibattito - sociale, ma anche politico - sul modo in cui non di rado vengono tuttora trattate qua e là nel Regno le donne, nel mondo accademico come altrove, specie se figlie della working-class. «Quanto accade a Durham non è nuovo e nemmeno sorprendente, nelle più prestigiose università ci sono problemi di classismo, razzismo e misoginia da molti anni», ha osservato Lisa McKenzie, docente di sociologia e attivista che ha dedicato diversi saggi alla piaga delle discriminazioni. Secondo la ricercatrice, che rivendica fieramente le sue radici povere, a cambiare deve essere una certa narrativa che continua a «svilire» la classe lavoratrice britannica, e specialmente le donne che vi appartengono per origine. Ma anche il clima d'impunità e di privilegio (di ceto o di censo) su cui troppi figli di papà del Regno possono ancora contare: come si sospetta sia avvenuto in almeno tre recenti assoluzioni collettive di studenti 'posh' accusati di violenza sessuale in altrettanti campus. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero