«Una violenza gratuita» su Pamela Mastropietro, dalle due coltellate mortali inferte quando la ragazza di 18 anni era ancora in vita fino all'estremo oltraggio...
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Omicidio Pamela, la Corte: «Oseghale l'ha dissezionata per inquinare le prove»
Pamela Mastropietro, su Facebook le foto choc: «Non FaceApp, ma come mi ha ridotto l'immigrazione criminale»
«Ritiene questa Corte sottolineare, con particolare enfasi, la condotta di Oseghale» che «dopo aver accoltellato la ragazza ancora in vita, provvedeva non soltanto al depezzamento e alla dissezione del corpo, ma attendeva all'accurato lavaggio di tutti i resti con la varechina, cospargendo con l'ipoclorito di sodio anche i genitali e le labbra di Pamela - sottolinea la Corte - attività funzionale ad un inquinamento della prova omicidiaria». Per i giudici Oseghale «senza attendere che Pamela smaltisse completamente gli effetti dell'eroina», che si era iniettata dopo essere salita nell'appartamento del nigeriano in via Spalato 124 a Macerata, «abusava delle condizioni di inferiorità per avere un frettoloso rapporto non protetto cui la ragazza, presumibilmente abbozzando una reazione, non aveva acconsentito con quelle modalità». Sarebbe questo il movente: «per evitare che Pamela, una volta ripresasi completamente lo potesse denunciare, subito dopo il rapporto le infliggeva due coltellate».
La Corte, poi, in merito alla presunta presenza di una mafia nigeriana a Macerata, ha precisato che «nessun riscontro oggettivo emergeva dall'istruttoria dibattimentale in ordine alla affiliazione dell'imputato ad organizzazioni criminali». Una presenza, tra l'altro, non emersa neppure dalle corpose indagini condotte dai carabinieri.
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Il Messaggero