Sono 2.867 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza della Rete D.i.Re durante il lockdown dal 2 marzo al 5 aprile: il 74,5 per cento in più, pari a 1224 donne,...
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La Toscana. Le maggiori richieste di aiuto sono arrivate dalla Lombardia e dalla Toscana. Di queste 2.867 donne, però, solo il 28% non aveva mai contattato prima un centro antiviolenza, quando invece due anni fa rappresentevano il 78% delle donne accolte; mentre si è verificato un incremento «significativo» delle richieste di supporto da parte di donne che erano già seguite dai centri antiviolenza della rete D.i.Re, costrette a trascorrere in casa con il maltrattante il periodo di quarantena per l'emergenza coronavirus.
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La convivenza. «Ben oltre 1200 donne in più si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re in poco più di un mese, rispetto alla media annuale dei contatti registrata nell'ultima rilevazione - sottolinea Paola Sdao, che con Sigrid Pisanu cura la rilevazione statistica annuale della rete D.i.Re - un dato che conferma quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente esacerbato situazioni di violenza che le donne stavano vivendo». «Un dato che ci preoccupa - segnala ancora Sdao -sono le nuove richieste di aiuto, che rappresentano solo il 28% del totale, quando invece nel 2018 rappresentavano il 78% del totale delle donne accolte. E di queste solo il 3,5 per cento sono transitate attraverso il numero pubblico antiviolenza 1522».
I centri. «I nostri dati ci confermano che i centri antiviolenza - commenta la presidente di D.i.Re Antonella Veltri - sono un punto di riferimento per le donne a prescindere dal 1522, servizi essenziali mai citati nei vari Dpcm che si sono susseguiti e che hanno proseguito la propria attività nonostante le difficoltà».
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I fondi. Veltri denuncia che «oggi, ancora in piena emergenza, siamo nella stessa situazione di 53 giorni fa, quando si è registrato il primo decesso per Covid.
Il Messaggero