Morire di tumore, senza la possibilità di assistenza domiciliare. A Ponza non c’è. E se i familiari di una donna di 62 anni scelgono di farle trascorrere gli...
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Che ci fosse poco da fare i parenti lo avevano capito già il 7 gennaio, quando la patologia è stata diagnosticata. Pochissime le speranze. Ma la donna ha dovuto fare i conti con tanti “intoppi” nel suo calvario. Gli esami del sangue, per esempio. Si fanno il mercoledì, ma se il mare è agitato semplicemente si rinviano alla settimana successiva. Anche se il giovedì le acque si sono calmate, ormai il giorno canonico è passato e arrivederci. No, la donna non si sarebbe salvata per questo, ma a Ponza funziona così. E riguarda tutti quelli che hanno bisogno di esami del sangue.
La situazione intanto si aggrava, la signora viene ricoverata, al “Santa Maria Goretti”, dove dopo un ciclo di cure fanno sapere che è in dimissione e che le restano poche settimane di vita. Due le possibilità: un hospice per malati terminali o l’ assistenza domiciliare. Ormai si tratta soltanto di curare il dolore. Vogliono riportarla a casa, preferiscono così, ma quando il medico che si occupa della dimissione sente Ponza dice che non è possibile: sull’isola l’assistenza domiciliare non arriva.
Firmano e la portano via, sanno che resta poco e scelgono di darle una morte dignitosa, a casa sua con le cure mediche pagate privatamente.
Domenica il decesso, niente funerale per le disposizioni Covid ma anche l’ultima beffa: non c’è un loculo a disposizione (a Ponza è così da tempo). Solo dopo una “trattativa” la soluzione: si usa il loculo del papà, dopo la “riduzione” della salma che era già all’interno. Sembra incredibile ma è andata proprio così. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero