Venezia, operatore sanitario fotografava anziani malati terminali nella casa di riposo e li derideva su Instagram: «Sballati on the road»: condannato

Il trentenne ha patteggiato un anno di reclusione (pena sospesa) di fronte al giudice per le indagini preliminari di Venezia,

La casa di riposo
Instagram e la chat whatsapp “Sballati on the road”. Finivano lì le foto che V.D.M., operatore socio sanitario di 30 anni, residente nel Sandonatese scattava ai...

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Instagram e la chat whatsapp “Sballati on the road”. Finivano lì le foto che V.D.M., operatore socio sanitario di 30 anni, residente nel Sandonatese scattava ai pazienti anziani che accudiva durante il suo servizio alla casa di riposo Monumento ai caduti di San Donà di Piave. Le faceva con il suo smartphone mentre loro dormivano o erano incoscienti. Le scattava a persone malate, alcune di loro terminali, e le metteva in rete via social. Per questo - e per aver rubato alcune medicine dalla farmacia della casa di riposo, il trentenne Oss ha patteggiato un anno di reclusione (pena sospesa) di fronte al giudice per le indagini preliminari di Venezia, Antonio Liguori, che ha stabilito anche il pagamento delle spese processuali da parte del trentenne, nei confronti delle parti civili: l’Ulss 4 Veneto orientala, assistita dall’avvocato Alessio Bacchin; e due vittime, rappresentate dai penalisti Igor Zornetta e Luca Sprezzola.

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LE VITTIME

Diciassette anziani, alcuni ormai deceduti. Persone ricoverate nella Rsa di San Donà di Piave per essere assistite e finite al centro delle fotografie scattate dall’operatore socio-sanitario che li stava curando. Nell’accusa firmata dal pubblico ministero veneziano Giorgio Gava si parla di “immagini e video attinenti alla vita privata degli anziani e di malati terminali”. Li fotografava “mentre erano allettati, in abbigliamento da notte o seminudi e, in alcuni casi, incoscienti o semi-incoscienti”. Alcuni di loro anche mentre erano intubati. Poi quegli scatti privati e immagini di sofferenza, finivano sui cellulari di altre persone attraverso il gruppo whatsapp o messaggi singoli che il trentenne Oss mandava ad amici e conoscenti, senza che si sia mai scoperto il motivo per cui aveva iniziato a farlo. Ad aggravare il quadro, il fatto che sia “stato commesso nei confronti di persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale”. Un comportamento andato avanti per tutto il 2020 - quando le Rsa erano chiuse per Covid - e fino a maggio 2021.


LA SCOPERTA

La mossa all’indagine l’aveva data un amico del trentenne operatore socio sanitario, che si era accorto delle fotografie conservate nella memoria del cellulare dell’uomo e aveva deciso di denunciare ai carabinieri. Una veloce indagine informatica ha permesso ai militari dell’Arma di ricostruire tutti i passaggi, cementati nel cd-rom sequestrato a casa dell’uomo e soprattutto dalle confessioni dello stesso trentenne che ha confermato le accuse e le fotografie.


I MEDICINALI


Furto aggravato, questa l’altra accusa. Nello specifico l’aver rubato dalla farmacia della Rsa una confezione di Artrosilene, tre confezioni di Lidocaina cloridrato, una confezione di Talofen e due confezioni di Tranquirt. Gli erano stati trovati in casa durante la perquisizione dei carabinieri che stavano indagando sul giro di fotografie agli anziani per cui il trentenne era anche stato sospeso dal lavoro durante la fase delle indagini. Perché il furto? Secondo la procura di Venezia, si legge, l’aveva fatto “ai fini di trarne profitto”. «La giustizia ha fatto il suo corso. Questa sentenza ha fatto chiarezza su quello che è successo nella struttura. L’azienda sanitaria è vicina alla struttura e tutelerà sempre l’utenza» le parole del dg dell’Ulss 4, Mauro Filippi.
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Il Messaggero