Madre si butta dall'ottavo piano con la figlia, i giudici: «Suicidio non prevedibile»

Madre si butta dall'ottavo piano con la figlia, i giudici: «Suicidio non prevedibile»
Un suicidio «imprevisto e imprevedibile». Così i giudici hanno descritto l'estremo gesto della donna che, il 23 settembre, si è lanciata con la...

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Un suicidio «imprevisto e imprevedibile». Così i giudici hanno descritto l'estremo gesto della donna che, il 23 settembre, si è lanciata con la sua bimba di due anni dall'ottavo piano di un palazzo a Milano. La piccola è viva, ma ancora ricoverata in ospedale. «La separazione della bambina dalla madre non solo avrebbe inciso negativamente sul legame di attaccamento» della piccola «alla figura materna», ma sarebbe stato anche «in contrasto con il percorso comunitario compiuto dalla signora, descritto come positivo». Lo scrive il Tribunale per i minorenni di Milano nel provvedimento con cui ha disposto oggi l'affidamento della piccola non più ai servizi sociali di Milano ma a quelli del Comune dove il padre ha la residenza e il collocamento della bimba presso di lui.


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Un provvedimento di 15 pagine nel quale i giudici ripercorrono tutta la complicata e tragica vicenda, fatta anche di denunce e controdenunce tra i genitori. «Il complessivo esame di tutti gli elementi raccolti - sintetizzano i giudici - conferma dunque in questo Collegio il convincimento che la storia della piccola fin dalla sua gestazione, e dei suoi genitori, sia stata alquanto complessa e che ogni singolo dato fattuale non debba essere letto nella sua singolarità ed indipendenza quale 'verità assolutà». E debba, invece, «essere più correttamente inserito all'interno di una disfunzionale e gravemente "patologica" relazione di coppia che ha visto, lo scorso 23 settembre, la madre verosimilmente soccombere sotto il peso "delle emozioni dolorose" e porre in essere» un suicidio «imprevisto e imprevedibile».

 

Una «separazione» della bimba dalla madre, scrivono ancora i giudici, «a titolo cautelare e di protezione» non era stata «richiesta dall'Ente affidatario, né dal consulente tecnico d'ufficio, né tanto meno era sollecitata con urgenza dal consulente tecnico di parte paterno». Non erano stati, poi, accertati disturbi psichici della madre e il 10 luglio scorso la «struttura di semi-autonomia», dove stava la donna con la figlia, ribadiva le sue «buone capacità genitoriali». Ora, il padre, secondo i giudici, avrà bisogno dell'affiancamento dei servizi sociali anche per «aiutare» la piccola a superare la tragedia che ha vissuto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero