Gli “invisibili” sono anche a Viterbo: la Caritas salva due mamme e i loro bimbi: «Avrebbero dormito per strada»

La mensa della Caritas di Viterbo
«Abbiamo salvato due ragazze con altrettanti bambini. Senza il nostro intervento, sarebbero finite per strada». Piepaolo Manca, responsabile del centro di ascolto...

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«Abbiamo salvato due ragazze con altrettanti bambini. Senza il nostro intervento, sarebbero finite per strada». Piepaolo Manca, responsabile del centro di ascolto della Caritas viterbese di piazza Dante, vive sul fronte gli effetti del decreto sicurezza. Molti migranti, allontanati dai centri di accoglienza straordinaria perché hanno perso il diritto all'ospitalità, spesso non hanno sistemazioni alternative. Senza lavoro, il loro destino è quello di vivere di espedienti o cercare di ricongiungersi a parenti, magari all'estero. Le vittime più vulnerabili sono le donne e i loro figli.


«Quando si rivolgono a noi sono disperati. Spaventati dall'incertezza del futuro. E noi facciamo quello che possiamo per aiutarli», spiega Manca. Spesso è solo il passaparola che fa arrivare gli stranieri a piazza Dante. Come le due ragazze che alla Caritas si sono fatti in quattro per sistemare. Ci sono riusciti grazie a una rete di solidarietà che, nonostante tutto, resiste.

«Abbiamo sbrigato tutte le pratiche perché, vista la loro particolare condizione e la presenza di bimbi, non finissero a dormire all'aperto. Siamo riusciti a farle ospitare dallo Sprar (ora denominato Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati, ovvero Siproimi, ndr) di Sipicciano». La gioia più grande? «Il loro entusiasmo perché ora sono al sicuro con i piccoli. Ci hanno ringraziati e la disperazione con cui erano arrivate da noi ormai è svanita».

Ma per questi migranti salvati, ce ne sono tanti altri che hanno bisogno di aiuto. «Cercheremo di sensibilizzare la Prefettura affinché - conclude Manca - a quanti vengono allontanati dai Cas per motivi umanitari si comunichi di rivolgersi a noi. Faremo il possibile per dare loro una mano». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero