Coronavirus, da Cuba in aiuto della Lombardia 52 medici con la foto di Fidel. «Siamo nervosi, ma pronti»

«La noticia se ha esparcido por toda Lombardía: ¡vienen médicos cubanos!»: la versione oi line di Juventud Rebelde, quotidiano cubano, forse si...

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«La noticia se ha esparcido por toda Lombardía: ¡vienen médicos cubanos!»: la versione oi line di Juventud Rebelde, quotidiano cubano, forse si concede un po' di enfasi («la notizia si è difusa in tutta l Lombardia: arrivano i medici cubani!»), ma ciò che conta è che all'ospedale di Crema stanno arrivando dall'Avana 52 tra dottori e infermieri; in questa durissima battaglia contro il coronavirus, saranno di grande aiuto a un sistema sanitario allo stremo. E anche se la giunta lombarda è di centrodestra non ha esitato, ovviamente, ad accettare anche l'aiuto cubano. Quando sono partiti dall'aeroporto José Martì i medici cubani sono stati salutati da applausi, avevano bandiere del loro paese e italiane, e un ritratto di Fidel Castro.


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Sono i componenti della «brigada medica» e seguono una tradizione della revolucion che ha mandato negli anni personale sanitario in missione in molte parti del mondo, in Venezuela come in Africa (i medici destinati a Crema hanno anche esperienza nella battaglia contro Ebola). Va detto che attualmente a Cuba i casi di coronavirus sono 25, c'è un italiano di 61 anni morto a causa del Covid-19 nell'isola, più in generale il sistema sanitario, considerato all'avanguardia come preparazione del personale, affronta storiche ristrettezze economiche e il servizio offerto alla popolazione ne risente fortemente. Lo stop mondile del turismo rischia di aggravare la crisi economica dell'isola.

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Racconta George Suárez Mercie, 34 anni, che secondo quanto riporta Juventud Rebelde ha sempre sognato di partecipare alle missioni della Brigada Henry Reeve (il nome di questo gruppo) e che è già stato in missione in Venezuela e in Brasile: «Mi hanno chiamato per chiedermi se ero pronto e non mi sono tirato indietro. Sarebbe falso se dicessi che non sono nervoso, ma penso che sia normale, perché il coronavirus è qualcosa che non ho mai affrontato. Prima erano missioni collaborative, ma questa è un'emergenza più grande». Un'altra giovane dottoressa di Matanzas, Anett Ávila Barroso, racconta: «Chiaramente i miei familiari sono preoccupati, mi raccomandano di fare attenzione, ma non mi hanno mai detto di rinunciare, sono un medico e devo aiutare le persone».

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Commenta Stefania Bonaldi, sindaca di Crema: «Siamo pronti ad accoglierli a braccia aperte, sia pure metaforicamente. Sono risorse preziosissime che lavoreranno presso l'ospedale da campo, ormai quasi pronto, in strettissima sinergia con l'ospedale Maggiore, del quale saranno a tutti gli effetti una unità operativa. Ringraziamo questi medici e infermieri, le loro famiglie, il loro paese».


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Il Messaggero