Coronavirus, da Cuba in aiuto della Lombardia 52 medici con la foto di Fidel. «Siamo nervosi, ma pronti»

Coronavirus, da Cuba in aiuto alla Lombardia 52 medici con la foto di Fidel. «Siamo nervosi, ma pronti»
di Mauro Evangelisti
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Domenica 22 Marzo 2020, 19:48 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 07:23

«La noticia se ha esparcido por toda Lombardía: ¡vienen médicos cubanos!»: la versione oi line di Juventud Rebelde, quotidiano cubano, forse si concede un po' di enfasi («la notizia si è difusa in tutta l Lombardia: arrivano i medici cubani!»), ma ciò che conta è che all'ospedale di Crema stanno arrivando dall'Avana 52 tra dottori e infermieri; in questa durissima battaglia contro il coronavirus, saranno di grande aiuto a un sistema sanitario allo stremo. E anche se la giunta lombarda è di centrodestra non ha esitato, ovviamente, ad accettare anche l'aiuto cubano. Quando sono partiti dall'aeroporto José Martì i medici cubani sono stati salutati da applausi, avevano bandiere del loro paese e italiane, e un ritratto di Fidel Castro.

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Sono i componenti della «brigada medica» e seguono una tradizione della revolucion che ha mandato negli anni personale sanitario in missione in molte parti del mondo, in Venezuela come in Africa (i medici destinati a Crema hanno anche esperienza nella battaglia contro Ebola). Va detto che attualmente a Cuba i casi di coronavirus sono 25, c'è un italiano di 61 anni morto a causa del Covid-19 nell'isola, più in generale il sistema sanitario, considerato all'avanguardia come preparazione del personale, affronta storiche ristrettezze economiche e il servizio offerto alla popolazione ne risente fortemente. Lo stop mondile del turismo rischia di aggravare la crisi economica dell'isola.

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Racconta George Suárez Mercie, 34 anni, che secondo quanto riporta Juventud Rebelde ha sempre sognato di partecipare alle missioni della Brigada Henry Reeve (il nome di questo gruppo) e che è già stato in missione in Venezuela e in Brasile: «Mi hanno chiamato per chiedermi se ero pronto e non mi sono tirato indietro. Sarebbe falso se dicessi che non sono nervoso, ma penso che sia normale, perché il coronavirus è qualcosa che non ho mai affrontato. Prima erano missioni collaborative, ma questa è un'emergenza più grande». Un'altra giovane dottoressa di Matanzas, Anett Ávila Barroso, racconta: «Chiaramente i miei familiari sono preoccupati, mi raccomandano di fare attenzione, ma non mi hanno mai detto di rinunciare, sono un medico e devo aiutare le persone».

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Commenta Stefania Bonaldi, sindaca di Crema: «Siamo pronti ad accoglierli a braccia aperte, sia pure metaforicamente. Sono risorse preziosissime che lavoreranno presso l'ospedale da campo, ormai quasi pronto, in strettissima sinergia con l'ospedale Maggiore, del quale saranno a tutti gli effetti una unità operativa. Ringraziamo questi medici e infermieri, le loro famiglie, il loro paese».

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