Coronavirus, Macbeth e la teoria della gravità nacquero in tempi di peste

Quarantena, uffa! E sta annoiando sempre di più la serrata domiciliare prolungata, e aggravata da una preoccupazione seria per le condizioni economiche personali e...

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Quarantena, uffa! E sta annoiando sempre di più la serrata domiciliare prolungata, e aggravata da una preoccupazione seria per le condizioni economiche personali e nazionali che si vanno aggravando e che sono destinate chissà per quanto a pesare negativamente sull’esistenza degli italiani. Però, se ci si vuole distrarre un attimo da tutte queste comprensibili, ovvie, naturali, negatività si può pensare a qualche episodio positivo di non poco conto - che certo non basta a risollevarsi d’animo ma un po’ aiuta - e ce ne sono almeno un paio da ricordare.


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Nel 1606, a causa della pestilenza a Londra, i teatri erano chiusi e William Shakespeare fu costretto a chiudersi in casa. In mancanza di meglio, scrisse Macbeth e King Lear. Nel secolo, anni dopo, nel 1665, divampava la peste bubbonica a Cambridge e Isaac Newton non poteva come tutti uscire. Nella sua cameretta universitaria si mise a pensare e s’inventò la teoria della gravità. Nessuno di noi probabilmente è un genio come quei due, Shakespeare e Newton ma magari pensando alle loro imprese ci si può distrarre, ma neanche tanto perché la vera divagazione adesso pare impossibile, in questa quarantena che come tutte le cose del mondo non sarà infinita.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero