Termini Imerese, i venditori di sogni e i tecnici incapaci

Termini Imerese, i venditori di sogni e i tecnici incapaci
Nel giro di due anni si sono ritrovati a pochi passi dall’entrare nel mondo delle produzioni cinematografiche e televisive, poi a ritornare in quello dell’automotive...

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Nel giro di due anni si sono ritrovati a pochi passi dall’entrare nel mondo delle produzioni cinematografiche e televisive, poi a ritornare in quello dell’automotive passando per le protesi sanitarie e la grande distribuzione. Per un po’ gli ex dipendenti Fiat dello stabilimento siciliano di Termini Imerese ci hanno creduto davvero. Nuovi lavori, nuove speranze e poi immancabilmente le stesse, antiche, delusioni. Nulla. Da quando il 31 dicembre del 2011 la Fiat ha chiuso, non c’è stato più nulla di concreto. Solo carte, con improbabili piani industriali che i tecnici di Invitalia, l’agenzia governativa incaricata dal governo di seguire il caso, avevano evidentemente sopravvalutato (ma davvero c’era chi immaginava che il futuro industriale di quell’area potesse essere nelle mani di un ex concessionario molisano di automobili con il pallino di diventare costruttore?).




Promesse tante. Risultati nessuno. La vicenda del sito industriale di Termini Imerese è la certificazione della totale incapacità da parte di chi ci governa (da quando è iniziata si sono succeduti vari esecutivi, di tutti i colori e competenze) di una seria programmazione industriale. È la dimostrazione che non è la mancanza di soldi il vero problema. Qui a disposizione - tra fondi europei, risorse messe sul piatto dalla Regione e finanziamenti statali - ci sono svariate centinaia di milioni di euro: 350, per la precisione, in base all’accordo di programma. Quelli che mancano sono i progetti seri, le idee valide, la capacità di intercettarli e convogliarli su un territorio che avrebbe solo voglia di riscattarsi.



Per coloro che sono riusciti ad andare in pensione o che ci andranno (con le regole pre-Fornero) entro la fine di quest’anno, ormai la vicenda è chiusa. Gli altri, e sono ancora più di 800 ex Fiat e un altro centinaio ex Magneti Marelli, vanno avanti con gli ammortizzatori sociali. Un assegno tra i 900 e i 1.150 euro al mese, a seconda dei carichi familiari. Cassa integrazione in deroga, ovvero a carico dell’intera collettività.



Per ora c’è una sola consolazione: il prossimo Natale passerà senza grandi angosce. Il mese scorso è stato firmato l’accordo tra Regione, azienda e governo per la proroga dell’ammortizzatore (che altrimenti sarebbe finito a dicembre) per altri sei mesi. Fino a giugno 2014 c’è ancora posto per la speranza. E così dovrebbe essere (il condizionale è d’obbligo, perché in questo caso non c’è ancora il via libera) per i circa 350 lavoratori dell’indotto.


E poi? Quanto potrà continuare l’assistenza? A metà novembre doveva esserci un nuovo incontro al Mise (ministero Sviluppo economico). Sul tavolo il rinnovo dell’accordo di programma e nuove proposte. C’è chi vuole produrre biocarburanti da estratti vegetali coltivati in zona, chi ancora crede in un futuro di componentistica. Di concreto, però, c’è sempre troppo poco. Cosicché dell’incontro per ora nell’agenda del Mise non c’è traccia. Osserva scoraggiato Vincenzo Comella, segretario provinciale Uilm Palermo, nonché cassintegrato Fiat: «Tra Ilva, Alcoa, crisi del settore elettrodomestici, il futuro di Termini Imerese in realtà non interessa più a nessuno. Siamo solo un granello di sabbia nel deserto della grande crisi mondiale». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero