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«Treni guasti e scioperi hanno trasformato questa settimana, come la più nera dopo i lavori di agosto». È lo sfogo di Francesco, pendolare storico. Ormai la disperazione dei viaggiatori, che giornalmente percorrono la tratta Cassino-Frosinone-Roma e viceversa, ha superato il limite.
Le proteste, le segnalazioni, la partecipazione all'audizione in Regione del rappresentante del Comitato dei pendolari Massimo Miconi non hanno sortito nulla.
NON SOLO GUASTI
Ogni giorno è peggiore del precedente. Dopo i guasti ai treni e al sistema elettrico della linea, giovedì e venerdì ad esasperare gli animi è arrivato lo sciopero che ha creato disagi senza precedenti. «Giovedì nel vedere la stazione Termini, piena di gente disperata che voleva tornare a casa, ho pensato che venerdì ci sarebbe stata una situazione migliore. E invece è stata drammatico: treni con ritardi di un'ora e altri soppressi. Dopo aver atteso invano riferisce Francesco - sono stato costretto ad andare alla stazione Cotral di Anagnina a prendere l'autobus per poter tornare a casa».
Quello che si vive è un vero e proprio incubo in cui a risentirne è anche la salute.
I PERMESSI
A causa dei disagi, i lavoratori sono costretti a prendere permessi di lavoro non solo in entrata ma, addirittura, se si vuole rincasare la sera devono chiedere permessi anche in uscita. «Il tempo tolto alle nostre famiglie e a noi stessi - sottolinea Lia - non tornerà mai indietro e se situazioni del genere si verificassero un paio di volte all'anno, potremmo anche essere tolleranti, tolleriamo da molto tempo, ma ormai sta accadendo tutti i gironi e questo noi, non lo possiamo più accettare».Il pensiero di Lia è anche quello di Alessandra, insegnante. «Chiederemo i danni perché ci stiamo ammalando a forza di rincorrere i treni. Ho dolori ovunque e ansia alle stelle. Trenitalia, Rfi e la Regione Lazio ci ascoltino altrimenti scenderemo in piazza. Anzi, sui binari». Ad Alessandra fa eco Sandra, un'altra insegnante pendolare di Cassino: «Lo sciopero è un diritto. Ma lo sciopero lo dovremmo fare noi non pagando più gli abbonamenti».
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Il Messaggero