Paziente morta in ospedale per setticemia, la Asl condannata a pagare un milione

Paziente morta in ospedale per setticemia, la Asl condannata a pagare un milione
Un esame coronarografico programmato con accesso femorale alla gamba destra effettuato all’ospedale di Pescara costò la vita sei anni fa a una donna frentana di 59...

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Un esame coronarografico programmato con accesso femorale alla gamba destra effettuato all’ospedale di Pescara costò la vita sei anni fa a una donna frentana di 59 anni, residente a Lanciano. La sua permanenza nel presidio Adriatico durò 48 ore, dal 24 al 26 gennaio 2013, poi l’inaspettato decesso per arresto cardiaco avvenuto in bagno. Aveva contratto una setticemia. Vani i tentativi di rianimarla sul letto. Per il giudice civile di Lanciano Massimo Canosa ci fu responsabilità professionale così la Asl di Pescara è stata condannata al risarcimento di un milione e 15 mila e 740 euro a favore degli eredi, marito e tre figli, di cui una femmina, più interessi e rivalutazione monetaria. Marito e figlio convivente hanno avuto ciascuno 272.745 euro gli altri due 235.125 euro. Asl condannata anche a 57 mila euro di spese legali e consulenze.


Sulla vicenda la procura di Pescara archiviò il procedimento non rilevando responsabilità sanitarie. Caso passato poi in sede civile con un lungo procedimento che ha visto interessati tre giudici e tre periti nominati, con conclusioni anche diverse sulle cause della morte della donna. Gli eredi erano patrocinati dalle avvocatesse Maria Ida Troilo e Daniela Frini che hanno chiesto la condanna della Asl: «Accertato che la procedura eseguita all’esame coronarografico non è stata conforme alle regole dell’arte, né effettuato con la dovuta prudenza, diligenza e perizia, ritenuta la sussistenza di un nesso eziologico tra gli esami eseguiti e l’avvenuto decesso». A sugellare le responsabilità anche la perizia di parte dell’anatomopatologo Domenico Angelucci, giunto a identica valutazione del perito d’ ufficio Enrico Catarinozzi, de La Sapienza di Roma. Il difensore dalla Asl, l’avvocato Tommaso Marchese, aveva chiesto di rigettare il ricorso, infondato in fatto e diritto, e di condannare le controparti alle spese di giudizio.


Il 25 gennaio la paziente venne sottoposta ad esame poi la notte ci furono dolori lancinanti, la gamba era caldissima, con evidenti segni infettivi, ma le fu solo allentato il bendaggio senza alcuna profilassi antibiotica o altri controlli clinici e laboristici, come rilevazione della temperatura e analisi dell’emocromo. Il giorno dopo la morte per batteremia multiorgano scatenata dalla coronografia e la non perfetta sterilità del catetere introdotto. A causare lo scompenso cardiaco aritmogeno sarebbe stata la disseminazione batterica.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero