Elezioni Abruzzo: il mito finito dell'alternaza dietro la svolta a destra di P. Mastri

Elezioni Abruzzo: il mito finito dell'alternaza dietro la svolta a destra di P. Mastri
PESCARA - Il bilico è finito. Con le elezioni di domenica tramonta il mito dell'alternanza perfetta che, dalla fine della prima repubblica alla stagione tripolare, ha...

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PESCARA - Il bilico è finito. Con le elezioni di domenica tramonta il mito dell'alternanza perfetta che, dalla fine della prima repubblica alla stagione tripolare, ha reso a tutti i livelli amministrativi l'Abruzzo una regione contendibile. Dall'emiciclo fino alle realtà municipali più definite sul piano delle identità politiche, come Chieti o, sul versante sinistro, L'Aquila. Da Falconio a Pace; da Del Turco a Chiodi; da D'Alfonso allo strappo che intronizza al vertice del governo regionale lo straniero Marco Marsilio con una dote di voti vicina alla maggioranza assoluta e, soprattutto, con un vantaggio di venti punti sul centrosinistra aggregatosi intorno all'alleanza civica di Giovani Legnini: un nome e un progetto capaci di totalizzare un 31 per cento considerato un mezzo miracolo per le attuali condizioni di salute del campo democratico. Al netto di qualche vendetta nell'urna scatenata dall'oscuramento del governatore uscente, incognita dal peso ancora indefinito, la divaricazione tra i due fronti rischia di diventare cronica.

L'Abruzzo sembra aver ritrovato un solido ancoraggio politico nel campo moderato. Con una differenza sostanziale se paragonato alla centralità democristiana di un tempo, così come alle esperienze più recenti. Nel centrodestra odierno, sostanzialmente destra pura, la presenza centrista è marginale e per di più parzialmente rinnegata in corsa dal governatore eletto Marco Marsilio. È una rivoluzione antropologica rispetto alla bonomia della vecchia classe dirigente bianca, anche somaticamente riassunta nei volti paterni dei Gaspari, dei Ricciuti, dei Pennetta. Una modificazione genetica che assume la fierezza del profilo politico di Marco Marsilio, esponente di spicco della destra romana, e la nettezza dei toni di Salvini, che ha già prenotato per la Lega la poltrona di sindaco di Pescara. E non sembra, per il momento, destinata a diluirsi nell'estrazione moderata di gran parte della nuova classe dirigente del Carroccio, in massima parte prelevata dai vecchi ranghi di Forza Italia. Nulla, dopo il tornante politico del 10 febbraio, sarà più come prima. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero