IA, padre Benanti: «E' la sfida più urgente impediamo alle macchine di sostituire l'essere umano»

padre Paolo Benanti
di Franca Giansoldait
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Domenica 7 Gennaio 2024, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 12:03

La sfida è colossale, non dilazionabile, con un potenziale sconvolgente. L'impatto dell'Intelligenza Artificiale sulla vita quotidiana di tutti è dietro l'angolo e il nuovo capo della Commissione governativa lo sa bene. Lo dice subito aggiungendo che non c'è più tempo da perdere. Padre Paolo Benanti, teologo morale, accademico ed esperto di IA a livello mondiale sa che lo aspetta parecchio lavoro. La notizia della sua nomina lo ha raggiunto mentre era all'estero e tornava in Italia. «È stato tutto così inatteso, anche le dimissioni del professor Amato. Mi spiace».
Lei era già membro di questo organismo?
«Sarà la continuazione di un lavoro che stavamo facendo da due mesi. In questi contesti conta la squadra, le persone che vi lavorano. Mi sento un po' come il numero 13 in panchina che ad un certo punto viene chiamato a scendere in campo...».

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Il prossimo G7 sarà a trazione italiana, tra i focus ci sarà anche l'uso e l'applicazione dell'IA?
«Vedremo quello che riusciremo a produrre. La nostra commissione ha però un compito specifico nazionale e riguarda l'impatto dell'intelligenza artificiale sull'editoria».
Lei che idea si è fatto: il mestiere del giornalista è destinato a scomparire?
«Assolutamente no.

Lo scopo della nostra commissione è proprio questo. Il giornalista ha un ruolo fondamentale all'interno della società ed è inserito in un comparto cruciale, l'editoria, che in questo momento subisce un'aggressione sui contenuti, sul copyright eccetera. Ci si interroga se l'automatizzazione possa trasformarsi in una sostituzione. Io penso che possa dare all'essere umano la possibilità di fare ancora meglio il suo lavoro. È tutto da determinare e lo spirito è di lasciare all'umano il suo valore e la centralità. Il settore è investito da una rivoluzione, un po' come è accaduto in passato».

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Per esempio?
«La prima Rivoluzione industriale: ha avuto un impatto sui colletti blu rendendoli meno necessari nel processo produttivo; oggi l'IA potrebbe fare altrettanto per tanti lavori. Di conseguenza se non gestiamo secondo criteri etici e di giustizia sociale questa transizione, gli effetti potrebbero essere complicati con conseguenze persino sulla capacità di coesione degli Stati democratici».
Come sta andando il dibattito all'Onu?
«Va avanti. Tutti i guard-rail normativi che riescono ad evitare che la macchina vada fuori strada sono da sostenere. Queste misure, non dimentichiamolo, finora hanno garantito la convivenza pacifica».

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Non sarà facile far coincidere tanti interessi nazionali con un quadro normativo sovranazionale...
«È un obiettivo fattibile. Pensiamo per esempio all'energia atomica. Esiste un organismo sovranazionale. È chiaro che sulla IA all'Onu ci sono tensioni. Non bisogna avere una visione irenica ma occorre individuare strade concrete e percorribili. Io lo dico da francescano, c'è bisogno di coinvolgere tutti, senza essere ingenui, sapendo che l'unica strada che porta frutti è quella del bene comune».

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Mi pare piuttosto fiducioso...
«Vedo quello che sta accadendo all'Onu. Ci sono tante parti, tanti interessi ma vi è la consapevolezza di impedire che le cose si sfascino. Il multilateralismo non risolve tutto, ma contiene tante fughe in avanti. È un tema complesso dal punto di vista della gestione, parliamo di tecnologie presenti in tutto il mondo e una visione unilaterale non vi sarà mai, eppure tutte le iniziative di buona volontà restano preziosissime. Per me si tratta della sfida più urgente del momento. C'è una accelerazione enorme e la pervasività nelle relazioni sociali».

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Senza dimenticare il grande tema dell'etica...
«È un lato del problema. L'etica è una voce che si appella alla parte più profonda di ognuno di noi. Non è decisiva ma suggerisce e indica il bene comune».
 

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