Intelligenza Artificiale, padre Benanti davanti a 100 ambasciatori: «Urge una governance globale o sarà il collasso sociale»

Intelligenza Artificiale, padre Benanti davanti a 100 ambasciatori: «Urge una governance globale o sarà il collasso sociale»
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Venerdì 26 Gennaio 2024, 20:53

«Serve una governance mondiale altrimenti il rischio è il collasso sociale». Padre Paolo Benanti, presidente della Commissione Algoritmi del Dipartimento per l'informazione e l'editoria a Palazzo Chigi, ripete davanti a più di cento ambasciatori accreditati all'Ordine di Malta la medesima preoccupazione che il governo Meloni riferirà al prossimo G7. Sarà lì che si affronterà anche questo nodo cruciale per il futuro delle società. «Non so che cosa accadrà ma nel passaggio dal punto A al punto B il problema reale è la curva, di mezzo c'è il rischio di collasso». Nei giorni scorsi la premier aveva sottolineato ancora una volta che occorre arrivare ad una regolamentazione internazionale per evitare implicazioni negative sul mondo del lavoro. Tante professioni rischierebbero di sparire da un giorno all'altro. 

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Padre Benanti che da anni studia come si potrebbe applicare l'etica all'intelligenza artificiale è membro anche della commissione all'Onu. «Per quanto riguarda l'Ia Act, io da europeo - ha aggiunto - sono molto contento ed orgoglioso sapendo che si tratta di un dispositivo nato a tutela del consumatore.

Di conseguenza  in quanto consumatore ho dei diritti rispetto a quello che la macchina può fare su di me. L'Ia Act non ha mai voluto essere un regolamento globale sull'intelligenza artificiale, l'uso industriale dell'intelligenza artificiale non è assolutamente normato, attenzione a non confondere quelli che sono gli ambiti di applicazione». 

Nei giorni scorsi anche Papa Francesco ha rivolto al mondo della comunicazione globale un importante documento sull'uso dell’intelligenza artificiale. Se da una parte ha affermato che potrà contribuire positivamente alla comunicazione (a patto che non si arriverà ad annullare il ruolo del giornalismo sul campo), dall'altra ha posto alcune delle domande al centro dei dibattiti futuri in tutte le sedi internazionali. 

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«Come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?»

Le risposte a questa sequela di interrogativi al momento restano sospese in attesa che si arrivi ad una governance condivisa. Dalle risposte si capirà se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando forme di sfruttamento e di diseguaglianza oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza.

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