Terni, la scomparsa di Barbara Corvi di fronte al gip che deciderà se l'inchiesta deve andare avanti

Terni, la scomparsa di Barbara Corvi di fronte al gip che deciderà se l'inchiesta deve andare avanti
di Nicoletta Gigli
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Venerdì 7 Luglio 2023, 08:36

TERNI - Un’udienza fiume.

Che si è chiusa, dopo quasi cinque ore, con la decisione del gip, Barbara Di Giovannantonio, di prendersi il tempo necessario per valutare le sorti dell’indagine che tenta di far luce sulla scomparsa di Barbara Corvi, inghiottita dal nulla quasi 14 anni fa.

In aula sono state discusse due istanze contrapposte. Quella dei legali della famiglia Corvi, Giulio Vasaturo e Enza Rando che, forti della testimonianza choc di un pentito che dice di sapere dove sono sepolti i resti della mamma amerina, si oppongono all’archiviazione delle indagini che vedono indagato il marito di Barbara, Roberto Lo Giudice, per omicidio e occultamento di cadavere.

E poi quella del procuratore, Alberto Liguori, che ha chiesto al gip di archiviare entrambi i fascicoli: quello con cui da un anno si è andati a caccia di tracce di Barbara sul suv di Roberto Lo Giudice, ma senza esito.

E quello aperto di recente, quando è spuntato fuori il quarto pentito dopo i primi tre ritenuti inattendibili.

«Barbara il giorno della scomparsa fu rapita - ha detto l’uomo nei mesi in cui era ristretto a Sabbione. Il 27 ottobre del 2009 fu prelevata da Montecampano e portata in Calabria, dove è stata uccisa e poi sepolta in una zona di montagna difficile da raggiungere».

In aula i legali della famiglia di Barbara hanno parlato per due ore. Hanno spiegato le ragioni per cui la vicenda della donna di Montecampano, di cui si perdono le tracce quasi 14 anni fa, non può essere destinata all’oblio. Sono convinti che sia necessario fare di tutto per poter restituire il corpo alla famiglia, andando a cercare nei luoghi precisi in cui il collaboratore di giustizia colloca i resti della donna amerina.

In aula c’è il procuratore, Alberto Liguori. Fu lui a ritirare fuori dai cassetti le carte impolverate dell’indagine che era stata archiviata nel 2014. E sempre lui poi si è dovuto arrendere di fronte a un quadro in cui non sarebbero emersi elementi di prova per mandare a processo Roberto Lo Giudice. Indagato poi finito in cella e scarcerato dopo 23 giorni dal tribunale del riesame per assenza di indizi sull’omicidio di Barbara.

Giorgio Colangeli e Cristiano Conte, legali di Lo Giudice, in aula hanno ribadito l’inconsistenza della testimonianza del collaboratore di giustizia foggiano che, nell’autunno scorso, ha raccontato agli investigatori della procura di un pranzo in Calabria durante il quale si sarebbe brindato alla morte di Barbara. I riscontri della procura però, per i legali, avrebbero permesso di accertare che quel giorno Roberto era a La Spezia a casa del fratello e non in Calabria.

«Dai riscontri - dicono Colangeli e Conte - non è uscito fuori nulla».

Durante l’udienza fiume di ieri l’accorato appello di Giulio Vasaturo e Enza Rando a non lasciare nulla di intentato per andare a caccia della verità. «Abbiamo ribadito con sincerità piena fiducia nei riguardi della magistratura. Speriamo che la nostra invocazione di giustizia e verità venga recepita. Siamo convinti - dicono i due legali - che esistano spunti investigativi inesplorati, meritevoli di approfondimento, e speriamo davvero che l’indagine per far luce sulla scomparsa di Barbara venga tenuta aperta. E che continui l’impegno per l’accertamento della verità». Ora la parola passa al giudice.

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