Provincia di Perugia, intascati i soldi delle multe dal maresciallo infedele: chiesti danni per 450mila euro. La Corte dei Conti chiama a processo anche tre comandanti

La sede della polizia provinciale a Perugia
di Luca Benedetti
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Venerdì 13 Gennaio 2023, 06:45

Adesso l’indagine sulle multe sparite, in parte intascate, in parte mai caricate nel sistema informatico e in parte mai richieste agli automobilisti sanzionati dalla polizia provinciale di Perugia, diventa processo. Anzi, maxi processo a quantificare il danno erariale che ha contabilizzato la procura regionale della Corte dei Conti: 446.206,05 euro.
A processo vanno il maresciallo maggiore Monia Mattiacci e i tre comandanti che non avrebbero controllato a dovere la gestione della sanzioni del codice della strada, comandanti che si sono succeduti negli anni neri per gli incassi delle multe da parte della Provincia. Sono Michele Fiscella, Stefano Mazzoni e Luca Lucarelli. È uscito dall’inchiesta il dg Francesco Grilli che ha convinto della bontà delle sue azioni la procura contabile con la riposta all’invito a dedurre. La citazione in giudizio è del sostituto procuratore generale, Enrico Amante, e l’udienza per la discussione si terrà mercoledì 22 marzo.
Secondo la Procura contabile che ha coordinato l’attività della Guardia di Finanza, il danno erariale subito dalla Provincia di Perugia è legato alla gestione non corretta delle violazioni al Codice della strada «mediante condotte attive e omissive... aventi anche rilevanza penale, con intervenuta prescrizione degli ingenti crediti a tale titolo vantati dall’Ente relativamente agli anni 2011, 2012, 2013 e 2014...». Anni che non hanno nulla a che vedere con l’attuale gestione della presidente Stefania Proietti.
Per l’accusa tutto ruota intorno alla figura del maresciallo maggiore Monia Mattiacci che gestiva la partita delle multe: incassando anche i proventi (cioè intascandoli) come hanno confermato alla polizia giudiziaria almeno cinque colleghi. La Procura contabile scrive a questo proposito: «...hanno confermato di aver riversato direttamente alla Mattiacci i proventi delle sanzioni, senza aver mai ricevuto quietanza...». Per la partita delle multe che per l’accusa sono state intascate, è incardinato un processo penale per peculato. 
Secondo la Corte dei Conti il profilo professionale del maresciallo maggiore (qualifica di livello C) non poteva portarla a gestire l’operazione multe in «totale autonomia». E qui stanno le presunte mancanze dei comandanti che si sono succeduti negli uffici che non solo non avrebbero mai bloccato l’attività del maresciallo maggiore (ora sospesa dal servizio), ma non sarebbero intervenuti per sanare una situazione che ha cerato un buco nelle casse dell’ente perché migliaia di multe non sono state mai incassate. La gestione dell’ufficio era talmente personalizzata che nella perquisizione nelle casa del maresciallo maggiore «tutti i fascicoli dell’epoca sono stati ritrovati in locali e ambienti della disponibilità esclusiva della Mattiacci (compresa una “taverna-rustico” all’interno dell’abitazione, nella quale aveva trafugato numerosi atti)».
Il mancato incasso delle multe è legato alla prescrizione dei crediti dell’Ente per gli anni che vanno dal 2011 al 2014 con un dato che fa saltare sula sedia: su 5.164 verbali sono state riscontrare irregolarità su 1.648 fascicoli, praticamente un verbale su tre «non è stato correttamente processato dagli uffici». 
Lucarelli, Fiscella e Mazzoni si sono difesi sottolineando la correttezza del loro operato. Tra l’altro Lucarelli avrebbe spiegato come la Mattiacci «...avrebbe agito con modalità tali da eludere ogni controllo». Secondo Fiscella invece, non c’era caos all’interno dell’ufficio della polizia provinciale. Mazzoni, invece, non solo ha sottolineato come mai gli era stata prospettata una disfunzione del Corpo; ma comunque aveva delegato l’allora vice comandante a tutte le funzioni gestionali, di verifica e controllo.
 

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