Paolo Nespoli è di nuovo terrestre: sorrisi dopo l'arrivo della Soyuz in Kazakhstan

Paolo Nespoli è di nuovo terrestre: sorrisi dopo l'arrivo della Soyuz in Kazakhstan
di Paolo Ricci Bitti
7 Minuti di Lettura
Giovedì 14 Dicembre 2017, 03:17 - Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 21:31

Di nuovo terrestre dopo 139 giorni in orbita. La navicella russa Soyuz ha riportato sulla Terra l'astronauta Paolo Nespoli dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e i suoi compagni di equipaggio, l'americano Randy Bresnik (Nasa) e il russo Sergei Ryazansky (Roscosmos).
 



Un'accoglienza glaciale, in realtà, perché i tre sono passati nel giro di pochi minuti dalla Soyuz fiammeggiante e avvolta dal plasma fino alla temperatura di 2.000 gradi ai meno 17 gradi della steppa innevata del Kazakhstan, a poca distanza dal cosmodromo di Bajkonur. Gelo o non gelo, gli astronauti hanno respirato avidamente l'aria di "quota zero" dopo aver vissuto per cinque mesi e mezzo con quella riciclata della stazione spaziale in orbita.



ll rientro è avvenuto alle 9.38 e il veterano italiano impegnato nella missione Vita dell'Agenzia spaziale italiana è stato il secondo a essere estratto dalla navicella dopo il comandante russo: questione di praticità (Ryazansky era seduto al centro)  e non di gerarchie. Sul viso provato di Nespoli subito un sorriso e poi il pollice della mano destra che si alzava: "Tutto ok". Non è scontato, a 60 anni e con un fisico così longilineo che espone più sensibilmente alle enormi fatiche del rientro a Terra, emergere così lucidi dalla capsula annerita ed è stato anche chiaro che i due compagni più giovani sono apparsi in ottime condizioni: in particolare l'americano Bresnik, che ha subito inforcato gli occhiali da sole e indossato un berretto di lana mentre chiamava la famiglia con il cellulare satellitare. Un diritto per chi torna dallo spazio a cui nessuno rinuncia: anche Nespoli ha chiamato la moglie Alexandra e i figli Sofia e Max, 8 e 4 anni, che nei prossimi mesi non potranno più chiedergli di fare le capriole come avveniva durante i collegamenti dallo spazio. 

 
 


Altro che capriole: Nespoli impiegherà da sei mesi a un anno per tornare in forma, periodo in cui sarà di nuovo rivoltato come un calzino dai medici che confronteranno le sue condizioni con quelle premissione. Il recupero avverrà in gran parte a Houston in casa della Nasa, ma già a fine gennaio-inizio febbraio Nespoli, originario della Brianza,  dovrebbe atterrare in Italia. 

BATTISTON

«Un esempio di eccellenza e il simbolo di un'Italia che investe sulla ricerca e sa guardare al futuro»: è tutto questo l'astronauta Paolo Nespoli per il presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston. «Bentornato Paolo !! Grazie per aver portato a termine con successo la tua missione e per tutto quello che hai fatto per la scienza e per lo spazio in questi cinque mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale», ha detto Battiston. Nespoli, ha detto ancora il presidente dell'Asi, è «un esempio dell'eccellenza che può esprimere l'Italia quando mette a sistema le sue qualità, i suoi uomini e donne migliori, le sue aziende altamente specializzate. L'Italia che fa ricerca scientifica e sperimenta nuove tecnologie è un investimento sul futuro per tutto il nostro Paese».

LA GIORNATA

La lunga giornata del veterano, che con 313 giorni complessivi in tre missioni spaziali è l'italiano restato più a lungo lontano dalla Terra, era cominciata poco dopo la mezzanotte italiana con l'ingresso dei tre astronauti nella Soyuz che a uno alto come Nespoli richiede sempre manovre da contorsionista. 

Poi l'inizio vero e proprio del ritorno con una manovra al rallentatore. Dodici centimetri al secondo, ovvero 432 metri l’ora: non proprio una velocità canonica da razzi o da navicelle spaziali, ma è con questo sprint da lumache che dopo 139 giorni di missione la minuscola navicella Soyuz Ms-05 è caduta verso la Terra. 



La manovra alla moviola in realtà dura pochi minuti e avviene per far allontanare in sicurezza l’una dall’altra la navicella dalla stazione spaziale che si erano unite la notte del 28 luglio scorso: mentre avviene questo distacco centimetro dopo centimetro, grazie anche a un sistema a molle, la Soyuz e l’Iss continuano a sfrecciare in orbita a 28.800 km orari a un’altezza di 400 km.

Poi per gli astronauti, dotati di pannoloni e di tuta Sokol con sistema di raffreddamento (un centinaio di metri di tubicini), è cominciata la più burrascosa corsa sulle montagne russe della loro missione. 

Poco più di tre ore precipitando verso la Terra stipati come sardine in una capsula poco più grande di una campana per il riciclaggio del vetro, con pareti e oblò spessi pochi centimetri per dividere gli astronauti da temperature fino a 2.000 gradi (in un altoforno si sta più freschi: 1.600 gradi), sballottati come uno yoyo (pesante due tonnellate) prima dell’impatto finale con la steppa del Kazakhstan nei pressi del cosmodromo di Bajkonur.

Lì, a fianco della casetta di legno di Gagarin, c’è un museo con esemplari di navicelle Soyuz toccando le quali si capisce fino in fondo anche la maggiore dote degli astronauti: la fede. Queste navicelle russe, sia pure ammodernate, sono frutto di un progetto sovietico di 50 anni fa. Sono meravigliosamente essenziali, sembrano assemblabili o riparabili anche dal meccanico sotto casa e sono altrettanto efficienti, nonché – assai importante – sono l’unico taxi per portare avanti e indietro astronauti e cosmonauti sulla stazione spaziale da quando lo Shuttle della Nasa è stato pensionato. Un monopolio con gli Uber americani (governativi e privati) che ogni anno rinviano al successivo il ritorno in pista.



Ricapitolando la tabella di marcia di Nespoli & Co. che è stata perfettamente rispettata: alle 6.16 il distacco della Soyuz dalla stazione spaziale; alle 6.19 la manovra di allontamento per raggiungere un’orbita senza possibilità di collisione con l’Iss; alle 8.44 e fino alle 8.49 l’accensione del motore principale per ridurre definitivamente le velocità facendosi catturare dalla gravità terrestre.

Si tratta di manovre in automatico, ma sulla Soyuz ci sono i comandi per intervenire. E’ una situazione delicatissima: se si sbaglia anche di una frazione di grado l’angolo di caduta si rischia di bruciare nell’impatto con gli strati intermedi dell’atmosfera oppure di rimbalzare su di essa finendo chissà dove.

Alle 9.11 la Soyuz, a un’altezza di 140 km, si spezza in tre: il modulo del motore e quello dell’alimentazione si disintegrano nell’attraversare la termosfera e la Mesosfera, mentre il modulo con i tre astronauti, dalle 9.16 alle 9.21 si arroventa attraversando il plasma (gas ionizzato) della mesosfera e della stratosfera. Si passa da un’altezza di 80 km a una di 33. La vita dei tre passeggeri è legata alla resistenza dello scudo termico che assorbe il calore e soprattutto lo indirizza attorno alla navicella. Dagli oblò gli astronauti vedono bagliori fiammeggianti caratteristici dell’inferno. Le comunicazioni vanno in black out.

Alle 9.23, a un’altezza di 10 km, la velocità è scesa da mach 25 a meno di un mach (784 km orari, meno della velocità di crociera di un jet di linea) e si apre il paracadute. La capsula viene sbattacchiata in tutte le direzioni mentre ormai gli astronauti, oltre agli effetti del vento sul modulo, sentono addosso “la coperta da 300 chili” (Nespoli dixit) che li riporta alle gioie e ai dolori della forza di gravità.

Sballonzolando di qua e di là, la capsula arriva alle velocità di 25 km orari a poco più di un metro dal suolo: solo adesso si accendono i razzi che attutiscono il più possibile l’impatto con il suolo. MIssione compiuta.
 



Il rientro di una Soyuz in una ricostruzione grafica: fra i narratori lo stesso Paolo Nespoli




EXPEDITION, IL DOCUFILM AL PARCO DELLA MUSICA
Come è nata la missione Vita con Paolo Nespoli? il modo migliore per scoprirlo è previsto per domani, venerdì 15 dicembre, alle 19, all'Auditorium del Parco della Musica a Roma con la "prima" del docufilm Expedition di Alessandra Bonavina (Omnia Gold Production). Per i biglietti (gratuiti, fino ad esaurimento), prenotazione sulla pagina Facebook dell'Agenzia spaziale italiana

Protagonista, con tanto di voce narrante, lo stesso Paolo Nespoli seguito nelle lunghe fasi di addestramento dalla regista che si avvale anche di immagini esclusive fornite dalla Nasa. Il film è stato presentato con successo anche al Festival del cinema di Venezia.

ARTE E SPAZIO: SPAC CON IL MAESTRO PISTOLETTO
L'app, lanciata il 28 luglio in concomitanza con la partenza della missione Vita e che ha registrato oltre 5mila download,  è stata sviluppata dalle agenzie Asi ed Esa in collaborazione con la piattaforma di arte contemporanea Ram e Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, con l'obiettivo di ispirare le persone a creare un cambiamento responsabile e sostenibile nella società. Spac3, ha assicurato poi Pistoletto, autore del simbolo Il terzo Paradiso della missione Vita, non si esaurirà con la fine della missione spaziale ma proseguirà con un progetto per le scuole e la realizzazione di un'opera «fisica», «che porteremo in giro per il mondo come simbolo della sensibilità collettiva nei confronti della sostenibilità». Il collage virtuale composto dal flusso di immagini create con l'app è già visibile sul web all'indirizzo http://spac3.space/

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