Secondo alcuni esperti nell'esperimento dell'università di Yale l'organo sarebbe tecnicamente vivo, al punto da mettere in discussione il concetto di morte; i neuroscienziati vedono invece nell'esperimento un primo passo interessante verso la possibilità di studiare malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer, o i tumori cerebrali. Tutti sono comunque concordi nell'affermare che, per garantire il successo e l'accettazione sociale di queste ricerche, debbano essere stabilite nuove regole per gli esperimenti sul cervello umano. Per la neurofisiologa Francesca Grassi, dell'università Sapienza di Roma, la procedura di irrorazione «si esegue normalmente per cuore, fegato, polmoni, reni, espiantati per i trapianti. Questi organi rimangono vivi e ben funzionanti e continuano a svolgere i loro compiti una volta inseriti nel corpo del ricevente».
Tuttavia, ha rilevato, «nel caso del cervello la mancanza di segnali elettrici è considerata segno di morte cerebrale. Da questo punto di vista, si può dire che i cervelli dei maiali non erano vivi, anche se le singole cellule rimanevano vitali». Tentativi precedenti di tenere in vita un cervello separato dal corpo avevano riguardato i roditori, ma è la prima volta che un esperimento simile viene fatto su un grande mammifero e alla temperatura corporea. I cervelli, circa 200, sono stati ottenuti da un mattatoio e rianimati a quattro ore dalla morte degli animali con una tecnica di irrorazione sanguigna chiamata BrainEx: consiste nel collegare il cervello a un circuito di tubi nei quali circola sangue artificiale a una temperatura pari a quella corporea dell'animale, permettendo all'ossigeno di fluire nel cervello. L'attività elettrica, misurata con l'elettroencefalogramma, ha dato un'onda cerebrale piatta simile a quella emessa da un cervello in stato di coma, ma le cellule nervose erano sane e attive.
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