«Ecco la benda vegetale che cura la pelle dalle bruciature»

Parla Fabrizio Fiorentini, ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia, ha sviluppato un dispositivo “green” per la guarigione delle lesioni: «È un sistema speciale che può essere ottenuto da residui alimentari»

«Ecco la benda vegetale che cura la pelle dalle bruciature»
di Paolo Travisi
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Martedì 23 Aprile 2024, 07:54

Una benda creata con materiali di origine vegetale in grado di accelerare la guarigione delle ferite provocate da bruciature. Il prototipo, sviluppato dal gruppo di ricerca Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia, coordinato da Athanassia Athanassiou, potrà essere utilizzato per sviluppare dispositivi da applicare sulla pelle per la cura di differenti lesioni della cute, come lacerazioni o ulcere, partendo da residui alimentari in piena ottica di economia circolare. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Fiorentini, primo autore dello studio.

Come nasce l'idea che ha portato a sviluppare il prototipo?

«L’unità di ricerca Smart Materials studia i materiali da più prospettive e punti di vista in un contesto di economia circolare. Con lo sviluppo di questo prototipo, volevamo proprio capire quanto l’economia circolare potesse rientrare nel caso applicativo biomedico, in questo caso specifico per la creazione di cerotti per facilitare la rimarginazione delle ferite della pelle».

Una benda vegetale: di cosa è fatta esattamente?

«Per la fabbricazione di questa benda sono state utilizzati componenti vegetali. Quella principale è la zeina, una proteina estratta dal mais. C’è poi la pectina, un carboidrato complesso che si trova principalmente nella buccia della frutta ed è molto utilizzata in campo alimentare. Infine, c’è la lecitina di soia, utilizzata come stabilizzante del principio attivo, cioè la vitamina C, anch’essa normalmente presente in alimenti di origine vegetale».

Perché risulta efficace per la cura di bruciature e lesioni della pelle?

«La premessa iniziale era quella di sviluppare un prototipo con queste specifiche applicazioni. Abbiamo scelto di utilizzare queste componenti perché sono note per essere biodegradabili e biocompatibili. La vitamina C è stata scelta perché sono ben documentate nella letteratura scientifica le sue potenti azioni antiossidanti e antinfiammatorie che agiscono bloccando i radicali liberi dell’ossigeno (molecole fortemente ossidanti) e riducendo le molecole responsabili dell'infiammazione. Infine, la vitamina C è in grado di stimolare la formazione di collagene, molecola essenziale per la riparazione dei tessuti».

Perché l'avete definita una benda intelligente?

«Perché il materiale che è stato progettato per costituire la benda esegue una funzione grazie all’insieme di più componenti che singolarmente non avrebbero questa funzione. Si tratta di una vera e propria sinergia, ottenuta combinando le giuste concentrazioni delle varie componenti che ho descritto prima».

Che tipo di tecnologia avete impiegate per svilupparla?

«La tecnologia utilizzata per produrre il cerotto si chiama electrospinning. Con questa tecnica è possibile creare delle microfibre mediante l'applicazione di una differenza di potenziale tra la punta di un ago di una siringa, dalla quale esce la miscela polimerica in studio e una superficie in alluminio posta al di sotto dell'ago.

In questo modo, la miscela si carica elettricamente e viene attratta dall'alluminio sottostante. Questa forza permette di creare dei filamenti micrometrici, che andranno a creare un’impalcatura molto articolata. Questo ha la funzione di dare un supporto 3D su cui le cellule possono aderire e proliferare, così da rendere più efficace la riparazione della ferita».

Rispetto a quello che esiste - se esiste - qual è la vostra innovazione?

«In letteratura sono già presenti numerosi esempi di cerotti e bende di questo tipo. Tuttavia, ciò che mancava era l'impiego esclusivo di materiali di origine vegetale. Questo aspetto non è scontato e, al contrario, offre una prospettiva nuova sull'ampio utilizzo che la ricerca può fare di biopolimeri e molecole di questo tipo. Spesso, i biomateriali e gli scarti alimentari sono strettamente correlati, e sfruttarli al massimo delle loro potenzialità può contribuire a valorizzare risorse altrimenti destinate ad essere distrutte. Studiarne e comprenderne le potenzialità in campo biomedico può sicuramente contribuire ad un’economia circolare sempre più efficiente e strutturata».

Che percentuali di miglioramento o guarigione avete verificato?

«Il cerotto è stato testato principalmente in esperimenti in vitro. Questi test hanno dimostrato che i livelli di tre interleuchine, molecole chiave legate all’infiammazione, diminuivano del 50% in presenza della benda rispetto a quando era assente. Ciò mostra un’ottima azione antinfiammatoria. Inoltre, con la stessa comparazione è stata osservata una riduzione fino al 70% dei radicali liberi dell’ossigeno. Infine, è stato notato un aumento nella sintesi di collagene, molecola fondamentale per i fenomeni di guarigione della pelle».

Dopo la fase di test, come proseguirete il lavoro di ricerca?

«In futuro sarà importante investigare in modo più dettagliato su quale tipo di ferita questa benda possa risultare più efficace. Inoltre, stiamo esplorando altre tecnologie per la produzione di nanoparticelle, nanocapsule e membrane destinate alle stesse applicazioni. Parallelamente, stiamo lavorando per conferire ulteriori proprietà a questi materiali, come ad esempio proprietà antibatteriche, al fine di contrastare le prime fasi di infezione a livello delle ferite della pelle».

Sarebbe già pronta per il mercato?

«In questo caso, si è condotta una ricerca di base che rappresenta una fase preliminare nel lungo percorso che porta un materiale dal laboratorio al mercato. Per proseguire su questa strada e contribuire all'espansione della conoscenza in questo ambito applicativo, sarà necessario valutare attentamente i risultati futuri. Se saranno altrettanto promettenti come quelli ottenuti in questo studio, si potrà considerare di intraprendere le fasi successive, che potrebbero includere anche il coinvolgimento di partner esterni per la commercializzazione». 

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