Da Mendes a Raiola fino a Joorabchian: ecco i padroni del calcio

Da Mendes a Raiola fino a Joorabchian: ecco i padroni del calcio
di Benedetto Saccà
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Sabato 17 Giugno 2017, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 13:12

Per ragioni misteriose – e adesso per lo più irrintracciabili – un giorno il calcio ha perso la misura di ciò che è appropriato ed è scivolato nella notte più nera del buon senso. Dove ballava quasi con eleganza, ora neppure ambisce più ad avere uno stile. Tutto e ogni cosa, ormai, è intrecciato ai soldi. E dunque, facilmente, a svettare sul grande trono del pallone sono figure che di soldi vivono – e per i soldi forse morirebbero. I procuratori, gli agenti, i manager. I veri padroni della galassia del calcio sono loro. Non hanno soltanto cambiato le regole del gioco: hanno proprio trasformato il campo. Squinternate le misure, sbriciolate le proporzioni, sradicate le geometrie. Tre, in particolare, sono i conquistatori incontrastati del mercato planetario. Uno si chiama Carmine Raiola, detto Mino. L’altro Jorge Mendes. Il terzo va famoso nel mondo con il nome di Kia Joorabchian; anche se all’anagrafe è registrato come Kiavash Joorabchian. Fantastici nomi alla 007, a leggerli, non lontani dal suono che suscitano Dominic Greene, Marco Sciarra o Le Chiffre, giusto per gli intenditori. Dunque Raiola; da alcuni ormai soprannominato Mito Raiola... Foderato dal mistero e mai apparso in pubblico con una cravatta, si sa che è nato a Nocera Inferiore il 4 novembre del ‘67 e si è trasferito presto in Olanda con la famiglia. Ha aperto un ristorante e da lì ha cominciato a frequentare gli ambienti vicini al calcio olandese. Il suo scopo, però, l’ha ottenuto in pieno: allineare i pensieri di ogni persona sulla terra alla semplicità di una domanda. E cioè: ma Mino Raiola quanti soldi ha guadagnato nella sua vita? La risposta è altrettanto semplice: nessuno lo sa – forse neppure lui, a rifletterci a freddo. Rigorosamente stimate, le cifre oscillano tra i 300 e il mezzo miliardo di euro. Una pazzia, comunque. Di certo comanda più dei propri assistiti: li sposta sulla scacchiera europea e incassa valanghe di soldi a ogni trasferimento. Tanto per intendersi, avrebbe guadagnato l’assurdità di 48 milioni di euro solo per il passaggio di Pogba dalla Juventus al Manchester Utd. Oltre al francese nel portafoglio di Raiola sono comodi campioni come Lukaku, Mkhitaryan, Donnarumma, Balotelli e Ibrahimovic, ora svincolato.

GLI SMARTPHONE
Insomma Raiola ha fabbricato una macchina perfetta, da maestro ne ha oliato i meccanismi, ci è salito e per poco non ha vinto il Mondiale di Formula Uno. Perché in realtà, come detto, a reggere il mercato mondiale – dal Brasile alla Russia – è un portoghese di 51 anni, sempre elegantissimo negli abiti d’alta sartoria. È Jorge Paulo Mendes. Quando è approdato nella terra del pallone, fondando l’agenzia GestiFute, ha rigato la superficie delle abitudini del calciomercato, rendendo la gestione dei calciatori più simile che aliena alla conduzione di un’azienda. Oggi Mendes accumula – per sport – milioni di miglia aeree, fonde un paio di smartphone al mese, incassa cifre matte in qualsiasi valuta esistente sul globo e amministra fuoriclasse tipo Cristiano Ronaldo, James Rodriguez, Diego Costa, André Silva e Falcao. E al vorticare di talento bisogna aggiungere anche il ghigno di José Mourinho. Saper immaginare, e intravedere, la bravura di un campione dentro ai piedi di un ragazzo di 17 anni è un gesto che gli riesce senza spigoli. Naturale. A lui, meglio che a chiunque altro. Ed è la sua arte.

DA TEHERAN
Da Teheran è decollata, infine, la carriera di Kia Joorabchian. Quarantacinque anni, studi a Londra, tripla cittadinanza (iraniana, britannica, canadese), un genio capace di costruire immense cattedrali contrattuali, depositandole sulla bolla di fantasie finanziarie e spesso acquistando i cartellini dei giocatori. Con la cura tipica degli orientali, ha stretto amicizie e confidenze con gli uomini del calcio cinese. Infatti ora controlla buona parte della rosa dell’Inter. Accompagna Tevez da un capo dall’altro dei continenti. E intavola trattative spesso rocciose. Decidere, lo esalta. Dev’essere questo tratto a rendere indomabili i procuratori.
 

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