Marianella Bargilli: «Gli amici possono trasformarsi in belve»

Marianella Bargilli
di Simona Antonucci
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Martedì 26 Febbraio 2019, 21:57
«Davanti alla paura della morte l’amicizia svanisce e ci si trasforma in belve. Vorrei dire il contrario, ma ho visto cose... Sì, proprio come il replicante di Blade Runner». Marianella Bargilli parla della pièce, La cena delle belve, in scena al Teatro Quirino fino al 3 marzo, dove mette tutta se stessa, la sua storia («Mi sentivo attrice già da bambina»), i suoi amori («Geppy Gleijeses, l’uomo della mia vita») le sue leggerezze («Non rimpiango di aver fatto il Grande Fratello») e le sue delusioni («Dagli amici non ti aspetti il tradimento»).

«La particolarità di ogni replica sta proprio in come la sentiamo noi, attori e amici, un gruppo di lavoro affiatato, rodato, che trasferisce il mondo interiore dentro il salotto immaginato dall’autore Vahé Katchà dove durante una festa di compleanno si materializza la morte. E nulla e nessuno sarà più come prima».

Con Marianella, Francesco Bonomo, Maurizio Donadoni, Ralph Palka, Gianluca Ramazzotti, Ruben Rigillo, Emanuele Salce e Silvia Siravo. Regia di Julian Sibre e Virginia Acqua. Traduzione e adattamento di Vincenzo Cerami.

Sul palco, un appartamento, si festeggia il suo compleanno. Fuori l’Italia del 1943, durante l’occupazione tedesca. E poi?
«Sofia ha fatto la spesa al mercato nero, riunisce gli amici che si regalano una serata di spensieratezza. Quando arriva un tedesco a rastrellare ostaggi. E lascia la selezione delle vittime a noi. La guerra dalla strada si trasferisce in salotto. Con la paura di morire che sbriciola gli affetti, gli armadi che sputano fuori scheletri, le certezze che traballano».

Lei ha mai avuto paura di morire?
«Ci ho pensato, ma ho deciso che affronterò la questione quando mi si parerà davanti. C’è chi ha il chiodo fisso, ma non credo sia un problema di depressione o altro. È carattere. Io tendo a dimenticare».

Il tedesco che irrompe nella festa, oltre a rappresentare un momento tragico, è anche colui che sgretola gli equilibri, che pone un dilemma, che impone un cambiamento. Le è capitato di incontrare qualcuno che facesse esplodere la sua vita?
«Geppy. Assolutamente. Lui si è infilato nel mio mondo e io nel suo, ed è cambiato tutto. Poi, è anche finito tutto, ma questo è un altro problema. È stato l’uomo della mia vita. O almeno finora».

Lei a un certo punto, dopo studi al Dams, teatro impegnato nei laboratori bolognesi, ha “scombinato” il suo percorso chiudendosi nella casa del Grande Fratello.
«Un momento della vita in cui tutto poteva accadere. Non sono entrata nella Casa perché pensavo che potesse rappresentare l’appuntamento fondamentale della mia carriera. Ma così, per curiosità. Del voyeurismo non devo spiegare nulla. Allora, la trasmissione aveva un senso. Ora che passiamo le giornate a spiarci sui social, potrebbero anche chiuderla».
Lei è molto social?
«Solo per lavoro, per comunicare notizie sugli spettacoli, sul Quirino che gestiamo con passione, dedizione e anche un po’ di follia».

Una follia gestire un teatro privato?
«La follia sta all’origine. Un posto a disposizione del pubblico, senza alcun finanziamento pubblico. Eppure oltre agli spettacoli offriamo un bistrot, una biblioteca... Comunque, il teatro funziona bene ed è questo quello che conta».

Lei ha fatto tv, cinema, ma è sempre tornata sul palco.
«Il cinema lo puoi riprodurre a casa.
Al teatro ci devi andare, spegnere il telefono e per due ore vivere lì dentro. La magia del sipario. E secondo me, visto come va il mondo, sarà sempre più forte». 
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