Anna Pirozzi è Tosca al Teatro dell'Opera: «Non è mai tardi: basta avere talento»

Il soprano Anna Pirozzi, 47 anni: è Tosca al Teatro dell'Opera
di Simona Antonucci
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Martedì 1 Novembre 2022, 22:09

«Non hai più l’età: troppo vecchia - mi sentivo ripetere - è tardi hai perso il treno. E non avevo neanche il curriculum: solo una lunga e faticosissima gavetta nei teatri e nelle piazze di provincia. Avevo solo la mia voce. E quando finalmente l’ho “alzata”, a 36 anni, al Regio di Torino, non ho più smesso».

Anna Pirozzi, 47 anni, sangue napoletano, «ma ho trascorso l’adolescenza in Val d’Aosta», con un passato da cantante pop tra pianobar e matrimoni, oggi è un soprano di successo internazionale. Il 2 e il 4 novembre sarà Tosca al Teatro dell’Opera di Roma (che con diversi cast è in replica fino al 5), poi Lady Macbeth all’Opera di Vienna e per due mesi la star di Parigi con ben due produzioni consecutive all’Opera Nazionale, La Forza del Destino e Trovatore. E si prepara al debutto nella Medea di Cherubini in una coproduzione del Met di New York e Opera Nazionale Greca ad Atene, con la regia di McVicar «una grande sfida, anzi un sogno. Se penso a come la cantava la Callas mi vengono i brividi».

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Con una voce come la sua, perché ha aspettato tanto prima di avvicinarsi alla lirica?

«Non conoscevo la musica classica, mio padre era un batterista, mia madre cantava Mina, il mio sogno era andare a Sanremo.

Poi, ma avevo già 25 anni, un mio amico mi consigliò di iscrivermi al conservatorio. Ci andai solo per imparare a leggere la musica, in fondo è utile anche nel pop. Durante le lezioni ascoltai la Callas, conobbi le opere, le trame, che storie incredibili, e fu un colpo di fulmine. Tardivo, certo: mentre io stavo ancora sui banchi i miei coetanei erano già in palcoscenico».

Il debutto che l’ha consacrata è arrivato a 36 anni a Torino nel ruolo di Amelia in “Ballo in maschera”. Nel frattempo?

«Tanta gavetta nei teatri di provincia, che non ringrazierò mai abbastanza, perché è stato un passaggio fondamentale. Sacrifici enormi, trasferte in pullman, 50 o 100 euro a sera, ma ho imparato tutto».

E poi il miracolo?

«In un certo senso... Ero in tournée in piccole sale nelle terre verdiane. Un socio degli “Appassionati Verdiani - Club dei 27”, mi ascoltò in un Nabucco che cantavo in piazza. E mi disse: con questa voce che cosa ci fa qui? Mi introdusse all’ambiente musicale di Parma, ma io non avevo neanche un’agenzia. Fino a quando un mio collega riuscì a convincere una sua amica manager ad ascoltarmi, almeno su youtube. Mi presero senza neanche un’audizione. E da allora partì la carriera. Anche se le difficoltà continuarono».

 

Finalmente Torino.

«Ero ancora sconosciuta, e non fu facile convincerli a darmi una possibilità. Mi ascoltarono, prima il direttore musicale, poi il direttore artistico, e alla fine il sovrintendente. E poi... Un sogno».

Dal rischio di non farcela alla ribalta con Muti, Domingo, Mehta, Oren: come commenta?

«Le donne vengono considerate “troppo vecchie”, prima degli uomini. Sarò banale ma è così. Per non parlare dei canoni estetici: ormai anche le cantanti devono essere assolutamente in forma».

Belle, magre?

«Quando arrivi ad alti livelli per fortuna conta la voce e non l’aspetto, ma una giovane brava,  cicciottella, incontra molte difficoltà. E rischia pure di essere derisa sui social».

È successo anche a lei?

«Certo. A tutte. A tavola non esagero per questioni di salute, e comunque troppo peso non aiuta in scena. Ma non potrò mai essere una piuma. La mia voce è nata su questo corpo, ho avuto anche due bambini, Leonora (come l’eroina del Trovatore) che ha 11 anni, e Riccardo (dal Ballo in maschera) che ha 5, e quindi va bene così. Per fortuna, io faccio ruoli drammatici, di donne forti. Per chi fa Gilda o Lucia di Lammermoor è molto complicato».

Forti e passionali come Tosca?

«Tosca è passionale e molto ingenua. Con un carattere forte, è pronta a tutto per difendere il suo amore. Ma è proprio la sua ingenuità a innescare una serie di sciagure».

La Tosca che interpreta a Roma è quella storica, quella che vide Puccini al debutto proprio al Teatro Costanzi, nel 1900. Le piace? O preferisce regie più estrose?

«Preferisco le produzioni classiche. Avevo già cantato in questo allestimento, nella prima riedizione del 2015. I costumi sono bellissimi e le scene ricostruiscono luoghi iconici di Roma, Castel Sant’Angelo, Palazzo Farnese, Sant’Andrea della Valle: ti senti di vivere in quei tempi».

Tosca, Medea, Lady Macbeth: il sogno di Sanremo è svanito?

«No. Anzi, ma mi piacerebbe andarci a cantare la mia musica, magari in duetto come fece la grande Daniela Dessì». 

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