Da oltre 9 mesi la pandemia da Covid-19 ha determinato l’arresto di manifestazioni e concerti, e con essi sono stati sospesi tutti i processi produttivi legati alla musica. Anche questa realtà ha subito gravi ripercussioni, sia a livello economico sia a livello occupazionale. “Migliaia di famiglie sono prossime al tracollo economico e non si vede l’ombra di un ‘bonifico sul conto corrente’ come più volte proclamato in tv. Siamo provati dalla ‘politica delle parole’ e avviliti delle tante promesse fatte perché non corrispondono alla realtà dei fatti”, dice Sergio Cerruti, presidente di AFI (Associazione Fonografici Italiani), vicepresidente di Confindustria Cultura e presidente del Gruppo Media di Assolombarda.
“Sebbene riconosciamo che in passato è stato fatto molto per la musica - prosegue Cerruti - allo stato attuale non possiamo più sostenere la situazione in cui versano molti operatori del nostro settore. Degli stanziamenti erogati (esempio decreto 380/del 5-8-2020), ad oggi, nulla. Infatti, quasi tutte le domande di ristoro risultano attualmente sospese o rifiutate. Sono state addirittura richieste numerose integrazioni documentali e approfondimenti non previsti dal decreto stesso è perciò tantissimi produttori sono stati esclusi dal bando; inoltre anche coloro che hanno avuto modo di accedervi non stanno ottenendo l’erogazione dei contributi.
“Quando in una situazione di drammatica emergenza dovrebbero esserci dei sistemi per cui riesci a fare richiesta on line, perché il mondo è on line, e ricevere subito i soldi sul conto corrente… non è fantascienza è ciò che avviene per esempio in Inghilterra per il settore spettacolo dove in 24 ore sono arrivati ‘realmente’ i bonifici direttamente sul conto del richiedente”, spiega Cerruti.
“Per questo motivo - aggiunge Cerruti - abbiamo ritenuto doveroso inviare nuovamente una lettera indirizzata al ministro Franceschini, affinché vengano al più presto adottate misure di sostegno urgenti e dirette al comparto dell’industria musicale, discografica e fonografica basate non soltanto sui codici Ateco (altro problema pratico!) ma su un parametro misto che tenga conto di altri criteri, quali il fatturato e il numero di dipendenti”.
“Inoltre alla luce di queste ormai insopportabili difficoltà, riteniamo una ragionevole pretesa un coinvolgimento delle associazioni di categoria per meglio individuare tecnicamente i soggetti beneficiari decisi dal Ministero e non commettere due volte lo stesso sbaglio...”, conclude Cerruti.