Giacca, camicia, occhiali: a guardarlo così sembra un impiegato qualunque. Poi ascolti i suoi pezzi e le sue rime somigliano a una riscrittura in italiano dei dischi dei grandi rapper americani, cresciuti nei ghetti delle città della East Coast. Lì uno come lui sarebbe a quest’ora già una star. L’hip hop old school di Carlo Corallo, siciliano, classe 1995, è l’alternativa ai luoghi comuni del rap in salsa urban e alla trap.Niente droga, sesso, macchinoni, collanoni, orologi costosi: nelle sue canzoni c’è un’altra intensità. L’ultima, “Il capofamiglia”, è appena uscita. Fa parte dell’album “Quando le canzoni finiscono”, pubblicato lo scorso marzo, una raccolta di tracce che raccontano «il punto di vista di persone che hanno perso i loro punti fermi e si sono accorte del valore dell’equilibrio assicurato dalle abitudini, ora da ricostruire». Il singolo è un ritratto «delle figure genitoriali tipiche di alcune famiglie medioborghesi italiane»: «Si parla di quei nuclei influenzati dai poteri di vecchio stampo del pater familias, capace di imporsi con modi dittatoriali e freddi sugli altri familiari. La seconda strofa vede questa figura nei suoi ultimi giorni di vita, restia ad abbandonare il suo fare insensibile, anche poco prima di morire».
La copertina di “Quando le canzoni finiscono”, realizzata in collaborazione con l’illustratore Lucamaleonte (romano, classe 1983, l’artista dipinge per strada dai primi Anni Duemila, prima con stencil e poster, successivamente con pennelli e vernici), rappresenta proprio lo sconvolgimento della quotidianità raccontato nel disco: c’è un autobus avvolto dalle fiamme, proprio come uno dei tanti che sempre più spesso prendono fuoco per le strade della Capitale.