Lana Del Rey, da domani il nuovo album "Ultraviolence"

Lana Del Rey, da domani il nuovo album "Ultraviolence"
di Simona Orlando
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Lunedì 16 Giugno 2014, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 12:27

In meno di tre anni per Lana Del Rey c’ stato tempo di fare tutto: diventare, con l’irresistibile Video Games, un caso su internet prima ancora di avere un disco pronto,

esordire con Born To Die e vendere sei milioni di copie nel mondo (da 114 settimane non abbandona la classifica italiana), annunciare il suo ritiro dalle scene perché non aveva più nulla da dire, e tornare con un nuovo lavoro intitolato Ultraviolence, da domani nei negozi in versione standard e deluxe (con tre brani in più). Non è il caso di un’artista che rinasce dalle ceneri per prendere una nuova direzione. Il tratto è suo e riconoscibilissimo: timbro sensuale, brani dalle atmosfere malinconiche, sempre rarefatte e narcotiche, quasi da musica ambient, adatte al cinema noir, testi che flirtano con la morte e le relazioni pericolose.

SOFISTICATA

Stavolta non c’è il singolone radiofonico che, all’inizio del successo, fece aprire il dibattito fra innamorati arresi, che credevano all’immagine della ragazzina inquieta e talentuosa che ha fatto tutto da sola (composto, cantato, montato il video in Super8 con un collage di vecchie polaroid) e contestatori accaniti che la tacciavano di inautenticità, per via dell’esotico nome Lana Del Rey (usato per far dimenticare un vecchio flop col nome vero di Lizzy Grant), delle labbra ritoccate e delle deludenti esibizioni dal vivo, dove la voce risultava inesperta e acerba. In Ultraviolence il mondo di Lana è una lenta spirale autobiografica, la voce è meno fragile e più sicura (si confronta anche con The Other Woman, registrata da Nina Simone). Il titolo le calza a pennello. C’è il suono dolce di “ultra” misto alla tendenza all’autodistruzione. Continua a fare pop sofisticato la ventottenne di New York che ha vissuto più da rocker, con un passato in rehab per alcolismo, in fuga dalla famiglia, girovaga per le strade della metropoli, pronta ad andare dove la notte la portava.

Un’esperienza che è confluita nel brano Brooklyn Baby, nato pensando a Lou Reed, il cantore dei marciapiedi della Grande Mela. Era andata a trovarlo per lavorare insieme, ma due minuti dopo l’arrivo, Lou se ne è andato volando sulla sua ultima mossa di Tai chi.

L’altro nome importante di questa nuova avventura è il produttore Dan Auerbach dei Black Keys, amante dei suoni vintage. A dicembre Lana aveva il disco pronto, ma poi incontrò lui e rientrò in studio di registrazione. Il singolo uscito dal connubio è West Coast e ha già tre milioni di visualizzazioni. In futuro anche Brian Wilson dei Beach Boys ha convocato la tormentata popstar per un sodalizio. Muso imbronciato alla Brigitte Bardot, bellezza corrotta e retro, da rivista glamour anni ’50, la ragazza triste del pop continua a esplorare i modi di morire, e intanto è musicalmente viva e vegeta.

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