Gaza, uccisi operatori della ong WCK. L'australiana Zomi: «Mi abituo ai droni non alle esplosioni»

Martedì 2 Aprile 2024, 11:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 14:10

L'autista palestinese Saif Issam Abu-Taha

Un altro dei morti è stato identificato ed è l'autista palestinese che guidava il conviglio. Si tratta di Saif Issam Abu-Taha, un autista e traduttore palestinese che lavorava con World Central Kitchen.

Centinaia di persone hanno voluto salutarlo. Lo riporta la Bbc sottolineando che il corpo dell'uomo è stato portato a Rafah, la sua città natale, per i funerali. "Era felice di lavorare con un'organizzazione che fornisce aiuti umanitari agli sfollati", hanno riferito diverse persone durante la cerimonia.

Croce Rossa: «18 colleghi uccisi». La crisi umanitaria: mancano cibo, antibiotici e farmaci

«La situazione è più che disperata e nella Striscia di Gaza non c'è un posto sicuro né per gli operatori umanitari né per i civili». Lo afferma all'Adnkronos Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione Internazionale di Croce Rossa e di Mezzaluna Rossa (Ficr), dopo la notizia della morte dei sette operatori umanitari della ong World central kitchen, uccisi in un raid israeliano. «Non conosco la dinamica del caso specifico, non ho informazioni al riguardo e non lavoriamo con questa organizzazione. Ovviamente la linea di base - sottolinea Della Longa - è che gli operatori umanitari sono protetti: è un obbligo non solo morale ma anche legale secondo il diritto internazionale umanitario. Nessun operatore umanitario dovrebbe mai rischiare la vita o essere ferito mentre sta facendo il suo lavoro». «Nella Striscia di Gaza, proprio pochi giorni fa, abbiamo dovuto aggiornare di nuovo il conto dei colleghi uccisi: dall'inizio del conflitto abbiamo perso 18 colleghi, di cui 15 della Mezzaluna Rossa Palestinese e 3 della Stella Rossa di David in Israele», osserva Della Longa. «È l'icona di dove questo conflitto è arrivato - continua - Fin dal principio gli operatori umanitari, gli ospedali, le ambulanze non sono protetti né rispettati. Ciò è assolutamente inaccettabile». Il portavoce dalla Ficr ricorda il collega «ucciso giorni fa mentre stava nel nostro ospedale. Un luogo che dovrebbe essere considerato un santuario da tutte le parti in conflitto e invece, dopo l'ospedale di Gaza City, abbiamo dovuto chiudere anche quel secondo ospedale». I due nosocomi, conclude Della Longa, «erano sostanzialmente sotto assedio, nessuno poteva entrare o uscire, non c'erano né acqua né cibo. Questo significa per migliaia di persone non avere accessibilità a qualsiasi tipo di cura, la mancanza di antibiotici e di farmaci».

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