Con la memoria breve siamo tutti «coso»

di Mauro Evangelisti
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Venerdì 24 Aprile 2015, 22:41 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 00:18
Il turista assorto davanti all'opera d'arte sta cercando di ricordare se ha chiuso il gas

@frandiben Non ci ricordiamo più nulla, abbiamo memorie sempre più capienti negli smartphone, nei tablet, nelle cloud, poi però lasciamo sempre le frasi verso un buco nero con domande del tipo «ma sì quel cantante, ora non mi viene il nome...», «dai, quell’attore, quello bravo, quello che fatto il film, l’avrai visto di sicuro, ma ora non rammento il nome...», «in quel quartiere, quello, ma sì, aiutami, che ora mi sfugge...». Sì, c’è sempre un nome, un titolo, una strada, un sostantivo che ci manca sul più bello. C’è un moltiplicarsi di persone o luoghi che si chiamano semplicemente «Coso». Non parliamo poi dei numeri di telefono: quella è una battaglia ormai persa, un tempo li ricordavamo a memoria, oggi se non c’è la rubrica dello smartphone a portata di mano siamo finiti, non riusciremmo neppure a chiamare la donna o l’uomo della nostra vita. Una volta erano i più anziani quelli con i vuoti della memoria o potevamo dare la colpa allo stress di una città confusa come Roma. Ora non è più così, è un fenomeno senza età, forse perché ci siamo tutti impigriti a chiedere aiuto a Google, alle rubriche elettroniche, o perché siamo continuamente sollecitati da notifiche che non ci danno il tempo di concentrarci. Questo fenomeno poi del «grande vuoto», va di pari passo con un altro: quelli che lasciano a metà le frasi (i più insopportabili quelli che ti chiamano, iniziano a farti una domana e poi, puf, non la concludono). Fateci caso: in molte occasioni il vostro interlocutore comincia a parlare, poi però



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