Nieri si dimette, sindaco appeso al Pd. Renzi: ora mi portino una soluzione

Nieri si dimette, sindaco appeso al Pd. Renzi: ora mi portino una soluzione
di Simone Canettieri
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Mercoledì 15 Luglio 2015, 08:45 - Ultimo aggiornamento: 19:43

La triangolazione adesso diventa frenetica: il Campidoglio aspetta «il prima possibile un segnale univoco e chiaro» dal Viminale sulla relazione di Franco Gabrielli, diventata un missile a doppia gittata. In grado di colpire la burocrazia (con l’addio del segretario generale Liborio Iudicello) e di terremotare l’assetto politico del Comune (prima le dimissioni del collaboratore del sindaco, Mattia Stella, ora l’arrivederci del “vendoliano stanco” Luigi Nieri).

Appena a fine mese il ministro Angelino Alfano si sarà espresso sul caso Roma, inizierà la tanto decantata fase due di Marino, quella più complicata. E cioè il vero punto di caduta di questa vicenda. Dal Nazareno, paradossalmente, tirano un sospiro di sollievo: «Adesso il caso è chiuso, il quadro è mutato e Ignazio può dare una scossa reale a tutta la baracca, ma deve averne il coraggio». Alibi finiti, dunque. E anche il ragionamento di Matteo Orfini, commissario del Pd romano, va in questa direzione: «Il gesto di Nieri va apprezzato perché è nel solco del rilancio di Roma».

Che passa a questo punto da un rimpasto molto robusto fino ad arrivare, ipotesi preferita dal mondo renziano, a un azzeramento, o quasi, della squadra di governo.

A dire il vero tutti gli assessori si sentono in bilico: ieri pomeriggio, mentre Nieri a sorpresa annunciava le dimissioni, al Nazareno è stato avvistato Maurizio Pucci, titolare di una delega da rilanciare come quella dei Lavori Pubblici. In questo contesto la palla avvelenata è nelle mani di Marino, costretto dalla cronaca a cambiare almeno due assessori con la valigia (il vendoliano, appunto, e Guido Improta ai Trasporti), sapendo però che la foto scattata due anni fa, appena eletto davanti al Campidoglio, rischia di essere strappata o derubricata all’album dei ricordi.

NUOVO ASSE Ora cambia l’asse: il vicesindaco sarà targato Pd anche se Sel farà di tutto per «non passare ridimensionata» dal rimpasto. Il lungo conciliabolo di ieri pomeriggio alla Camera tra Orfini e Fratoianni, braccio destro di Nichi Vendola va letto così. «Ma due caselle da riempire sono troppo poche», ragionano in molti nel Pd. Lo schema consigliato è l’annuncio di almeno cinque nuovi assessori. Matteo Renzi, a margine dell’ultima segreteria del partito, è stato lapidario: «C’è un caso Roma, lo so, mi aspetto una proposta il prima possibile, o meglio una soluzione».

L’ipotesi di super giunta è scemata a colpi di riflessioni: nessun parlamentare si vuole dimettere per entrare in Campidoglio e, di converso, la forzatura del doppio incarico darebbe benzina ai motori grillini, che continuano a scaldarsi sul Raccordo anulare. Un rebus. Dove le pulsioni sono molteplici. E non mancano, anche nel Pd a trazione turborenziana, le tentazioni per far saltare il banco: senza una giunta di qualità è inutile andare avanti. E qui si ritorna a Marino. Che con l’uscita di Nieri non rompe solo il ticket a sinistra di due anni fa, ma perde soprattutto il titolare di un dossier complicato – e non ancora chiuso – come il contratto decentrato di 23mila dipendenti pubblici.

Chi ha parlato con il sindaco ieri sera, nell’ennesimo vespro di tensione sul colle romano, racconta di un «Ignazio motivato ad andare avanti come sempre seppur consapevole che questa volta la faccenda diventa complicata». Anche perché il rimpasto va chiuso subito per sbloccare un’altra pratica strategica come il Giubileo, ancora bloccata dal Governo. «Mai come in questomomento Alfano deve fare presto».

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