Residenti vigilantes al Ghetto: «Siamo esperti di arti marziali»

Residenti vigilantes al Ghetto: «Siamo esperti di arti marziali»
di Laura Bogliolo
3 Minuti di Lettura
Martedì 13 Gennaio 2015, 05:43 - Ultimo aggiornamento: 09:52
«Individuo sospetto con cappello grigio e verde». La radiotrasmittente echeggia su via del Portico D'Ottavia confondendosi alle grida gioiose dei bimbi che escono da scuola. Le sentinelle, i più giovani, intanto controllano gli accessi su via Catalana e via del Tempio. Ogni volto nuovo, ogni movimento sospetto viene segnalato e in caso di pericolo il responsabile di turno avverte le forze dell'ordine usando una linea diretta. L'area è sospesa, le mamme corrono via sfuggendo veloci gli sguardi estranei. Addestrati con la tecnica krav maga, l'arte marziale usata dagli agenti del Mossad, blindano il ghetto in un estremo sforzo d'amore alimentato dal ricordo ancora insanguinato di Stefano Gaj Tachè, due anni, ucciso nell'attentato del 1982 alla sinagoga. Sono i genitori dei bimbi di oggi, e di quelli ormai grandi di 33 anni fa, sono i residenti del ghetto. Si auto-organizzano, si trasformano in vigilantes, in un controllo messo a punto nei minimi particolari. «Stavolta no, stavolta non succederà» sembrano gridare gli sguardi che si incrociano davanti alla scuola Renzo Levi, mille studenti e tanta paura di un attentato dopo le stragi di Parigi, dopo il livello di massima allerta scattato per le strade, riecheggiato sulla stampa estera che ha descritto Roma come uno degli obiettivi dei terroristi.

Si abbandona la normalità su lungotevere de' Cenci, la transenna su via del Tempio divide la città distratta da un angolo di Roma sotto assedio, impaurito, blindato: il ghetto dei ristoranti kosher, del centro di cultura ebraica, di quella scuola che è il cuore tenero di una comunità che non ha alcuna voglia di rinchiudersi a casa sotto l'ombra delle minacce di nuovi attentati.



«ADDESTRAMENTO»

«I nostri vigilanti sono persone preparate, addestrate, fanno dei corsi specifici, usano la tecnica krav maga, la tecnica di auto-difesa usata in Israele - dice Fabio Di Castro, del Circolo Zi' Raimondo, i ragazzi del '48, mentre vigila all'uscita della scuola - la sicurezza ovviamente è stata rafforzata da giorni, con la vigilanza del quartiere, ma anche da parte delle forze dell'ordine». I gruppi della vigilanza di quartiere frequentano corsi appositi, sono preparati, nulla è lasciato al caso. Molti hanno imparato l'arte marziale Krav Maga, un sistema di combattimento ravvicinato, di autodifesa, fino a poco tempo fa insegnato solo ai reparti speciali israeliani. I vigilanti del quartiere non possono intervenire direttamente e in caso di pericolo, avvertono le forze dell'ordine. Da due giorni è scattata la pedonalizzazione imposta dalla questura di via del Tempio, di tutta via del Portico d'Ottavia (la via dei ristoranti kosher) e via Catalana, nelle strade dove i più giovani, i ragazzi del ghetto si posizionano allertando i responsabili della sicurezza di ogni piccola stranezza. Apprensione, poi, ieri verso le 15 quando sul lungotevere davanti la sinagoga i carabinieri hanno fermato un senzatetto ha lanciato un sasso lungo la riva contro una coppia: era anche armato con un taglierino.



BONIFICHE

Il suono della campanella della scuola Renzo Levi è accompagnato dal rumore delle pattuglie dei carabinieri che si posizionano su via della Reginella: i militari indossano i giubbetti anti-proiettili. Quei giubbetti che secondo voci di quartiere, alcune mamme vorrebbero comprare, anche se la comunità non è d'accordo. Sulle vie diventate pedonali restano ancora le auto dei residenti. «Domenica le unità cinofile delle forze dell'ordine hanno controllato le vetture, bonificato le strade» racconta Manuel, uno dei ristoratori di via del Portico D'Ottavia. I residenti possono transitare dopo aver mostrato un documento di identità, ma non possono parcheggiare.



ALLARME BORSONI

I ristoratori di via del Portico D'Ottavia stanno controllando il sistema di videosorveglianza dei locali che, dicono «è obbligatorio dopo l'attentato dell''82». «Dobbiamo verificare il funzionamento della telecamera esterna» dice Ilan. Poi c'è il problema di borse e borsoni che i turisti spesso lasciano nei locali (ieri quasi vuoti) per fare una passeggiata e poi tornare a pranzare. «La vigilanza è maggiore - racconta Massimo, ristoratore di via del Portico D'Ottavia - non a tutti i clienti adesso facciamo lasciare le loro borse. Ma soprattutto - aggiunge - chiediamo sempre con gentilezza di aprirle e di farci vedere cosa c'è dentro. Le misure di sicurezza non sono mai troppe, anche se sappiamo che è impossibile tenere tutto sotto controllo».