Mafia Capitale, Fabio Melilli: «Solo una telefonata ad un amico. Mia figlia? Ancora disoccupata»

Mafia Capitale, Fabio Melilli: «Solo una telefonata ad un amico. Mia figlia? Ancora disoccupata»
di Simone Canettieri
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Giovedì 11 Giugno 2015, 05:48 - Ultimo aggiornamento: 09:05
Fabio Melilli, deputato e segretario del Pd Lazio, dalle carte dell'inchiesta spunta la sua telefonata a Luca Odevaine, su consiglio del prefetto Mario Morcone, per trovare un lavoro a sua figlia. Ma per chi ricopre un ruolo pubblico, come lei, non sarebbe meglio evitare queste scorciatoie?



«Può essere considerato senza dubbio un errore. Ma penso che sia necessario fare chiarezza. Conosco Mario Morcone da più di 20 anni, siamo amici di famiglia. E' proprio in un'occasione conviviale ragionavamo del destino dei nostri figli e delle poche prospettive di trovare un'occupazione stabile. E a lui venne l'idea di chiamare Odevaine per vedere se c'era la possibilità di fare scrivere a mia figlia qualche articolo nella rivista della fondazione per rafforzare il curriculum».

In un'intercettazione Odevaine avalla l'operazione perché un segretario del Pd «fa sempre comodo». Cosa ha provato quando ha letto queste parole?



«Grande rabbia perché da una vicenda inesistente, che si è limitata a un semplice colloquio senza produrre nessun effetto, Odevaine ha immaginato di poter utilizzare il mio ruolo. All'epoca pur non conoscendolo, Odevaine era una persona stimata da tutti».



Come andò l'incontro tra sua figlia e Odevaine?



«Le fu proposto di collaborare per alcuni mesi gratuitamente e né fu mai più cercata. Parliamo di un'assunzione che non esiste».



Odevaine però dice che dopo la prova gratis, la ragazza sarebbe stata pagata, appena conquistato l'appalto del Cara.



«Lui può dire ciò che vuole. L'incontro non produsse effetti e né io ho effettuato pressioni per continuare il rapporto. C'è stata solo una telefonata».



Scusi, ma perché quando a dicembre è scoppiata la prima parte di Mafia Capitale, con tutte le intercettazioni, non ha spiegato pubblicamente questa vicenda? Pensava che non uscisse?



«Ho certamente sottovalutato l'episodio quando è scoppiata la prima parte dell'inchiesta. Quando lessi le vicende di Odevaine ne parlai liberamente con diversi colleghi in parlamento. E' vero: ho commesso forse l'errore di non renderlo subito pubblico. Ma era un fatto inesistente».



Questa è benzina per l'antipolitica e per il M5S.



«
Credo non sia giusto che si finisca tutti nello stesso calderone confondendo vicende che hanno rilevanze penali con episodi di normale vita quotidiana e che lascio al giudizio di chi mi conosce».



L'altro giorno ha pensato alle dimissioni da segretario del partito. Poi cosa è successo?



«Ho cercato il premier Matteo Renzi e ho parlato con Orfini e Guerini che ringrazio per la solidarietà. Il tema non sono le mie dimissioni, ma se esistono ancora le condizioni per fare politica quando tutto diventa grigio e ogni comportamento viene allineato ai peggiori ti domandi quale sia il senso della tua presenza in politica e se ne valga ancora la pena. Questo stanno pensando molti nostri giovani dirigenti per bene che stanno facendo politica nei territori della regione e che noi dobbiamo difendere con forza insieme a Zingaretti e Marino».



C'è anche chi ha commentato la sua vicenda così: e allora se uno è figlio di un deputato non può lavorare?



«Le difficoltà ci sono per tutti, o quasi, e non è un caso che mia figlia sia attualmente disoccupata».