Raggi, in due anni metà delle delibere erano atti dovuti

Raggi, in due anni metà delle delibere erano atti dovuti
di Ernesto Menicucci
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Sabato 7 Luglio 2018, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 11:36

Due anni fa, esattamente oggi. Campidoglio strapieno, caldo bollente, tutti i big di Cinquestelle seduti in prima fila nell'aula Giulio Cesare, davanti agli scranni della giunta, con le sedie posizionate in mezzo ai banchi dove siedono maggioranza e opposizione, i consiglieri eletti dal popolo (almeno da quello che va a votare).

L'ESORDIO
Iniziava così, il 7 luglio del 2016, l'èra Raggi, con il figlio della sindaca a giocherellare sul banco di lavoro della mamma, con i colleghi dello studio Sammarco (anche il capo, Pieremilio) in platea e molta curiosità. Raggi parlò di ricostruire Roma, di stare in mezzo alla gente perché siamo cittadini, citò Petroselli e Argan, due sindaci di sinistra. Nella giornata precedente c'era già stato il primo ribaltone: il rugbista Andrea Lo Cicero, entrato nella pre-giunta informale del giorno prima come assessore, ne uscì epurato in sella alla sua moto. Fu il primo, ma lui non lo sapeva ancora, di una lunga fila di addii. Oggi, dopo due anni, il piatto dal punto di vista del lavoro fatto finora piange. La giunta Raggi ha avuto un avvio burrascoso, tra il caso Marra-Romeo, le dimissioni in blocco di Carla Romana Raineri, Michele Minenna e dei manager di allora di Atac e Ama, e un proseguio comunque ad andamento lento.
IL PARZIALE
Alla scadenza dei due anni, il totale delle delibere approvate è di 565 atti, meno di quello che fecero Ignazio Marino e Gianni Alemanno. Ma, soprattutto, quello che colpisce è la qualità delle delibere: esattamente una su quattro (142 atti) è sotto la voce Personale-Risorse Umane: contratti di staff, a tempo determinato o in comando da altre amministrazioni. E se si allarga ancora la lente d'ingrandimento, unendo una serie di atti dovuti che riguardano la Ragioneria generale e le società partecipate, si arriva quasi a un atto su due dedicato a questi temi. Nello specifico: 53 delibere (il 9,38%) sono per le partecipate (tutte si riferiscono alla partecipazione di Roma Capitale alle assemblee dei soci); altre 59 delibere (il 10,44%) sotto il capitolo Ragioneria dove finiscono i debiti fuori bilancio da approvare e i prelevamenti dal fondo di riserva, figli spesso di una programmazione di spesa non adeguata. Il totale, unendo i 142 atti per il Personale, fa 254 delibere su 565, cioè il 45%, in pratica una su due.

È chiaro che poi, per tutto il resto, rimangono le briciole. I Trasporti, guidati da Linda Meleo (è uno dei pochi assessorati dove non ci sono stati cambi), svetta con 39 delibere, poi c'è l'Ambiente dove dopo Paola Muraro è arrivata Pinuccia Montanari è a quota 32, la Cultura (altro caso di assessore unico, il vice-sindaco Luca Bergamo) 29. Sono gli unici a stare sopra il 5% del totale degli atti. Tutti gli altri vanno anche sotto: attività produttive (Commercio e varie) 26 delibere, Urbanistica 23, Sovrintendenza (che dipende sempre dalla Cultura) 22, Gabinetto del sindaco 17, Lavori pubblici appena 15 delibere (il che, già da solo, racconta molto dello stato della strade della Capitale), il Sociale 15, lo Sport 13 e via via a scendere.

Singolare, in epoca di governo grillina, dove lo streaming e la partecipazione popolare dovrebbero essere parole chiave, che un solo atto sia dedicato alla Trasparenza, due alla Trasformazione digitale, nove all'Innovazione tecnologica. Male anche i Progetti Sviluppi Europei, che potrebbero essere una fonte di entrata per la Capitale: in due anni, si contano cinque delibere. Va un po' meglio alla Scuola e al Turismo: otto a testa, che poi farebbe quattro l'anno, una ogni tre mesi.
E sarà anche vero, come ripetono spesso i grillini, che le amministrazioni non si valutano (solo) per la quantità di lavoro che producono, ma è anche vero che il Comune parla attraverso gli atti. E, in 24 mesi esatti, la voce della giunta si è sentita molto poco.

 
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