Roma, crollo al Flaminio, il direttore dei lavori ammette: «Avevamo spostato i muri»

Roma, crollo al Flaminio, il direttore dei lavori ammette: «Avevamo spostato i muri»
di Alessia Marani
3 Minuti di Lettura
Martedì 26 Gennaio 2016, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 15:16


«Abbiamo abbattuto i tramezzi per fare un open space, com'era fedelmente riportato nei progetti, ma assolutamente non abbiamo buttato giù alcun muro portante». Il direttore dei lavori della ditta di Roma incaricata della ristrutturazione dell'appartamento al quinto piano di proprietà del geologo e petroliere Giuseppe Rigo de Righi devastato dal crollo al Flaminio, piantine alla mano, spiega agli investigatori (la Procura ha aperto un fascicolo per disastro colposo, per ora contro ignoti) che tipo di interventi stava apportando. La Cila, comunicazione di inizio lavori autenticata era stata regolarmente presentata il 14 gennaio e i lavori iniziati un paio di giorni più tardi. E tutte le operazioni erano state fatte alla luce del sole, «in assoluta trasparenza». Sotto il profilo della legalità, dunque, nulla da eccepire. Anche se, stando alle ipotesi finora formulate da chi indaga, l'abbattimento di tramezzi che è assolutamente lecito in un corpo sano, potrebbe avere provocato conseguenze in un palazzo di 80 anni gravato da pesi fuori misura. Ovvero dalla giungla di vasi e arbusti creata nella terrazza al sesto piano dall'anziano architetto e progettista di parchi, Lidia Soprani. Che nello stabile non ci ha mai abitato trasformando l'attico fronte Tevere in una specie di deposito. «Un posto infestato dai topi e in cui era stata gettata persino terra, con le piante che avevano messo radici nel pavimento», raccontano i condomini che avevano denunciato la pericolosa situazione in una serie di esposti.
 

IL SOVRACCARICO
Dopo una prima diffida del 2013, i vigili del fuoco erano intervenuti al sesto piano anche ad agosto con l'autoscala per rimuovere un graticcio esterno pericolante che, in parte, era precipitato giù davanti all'ingresso del Teatro Olimpico. Insomma, con un sovraccarico smisurato (di solito un solaio è progettato per sostenere 250 kg per metro quadro uniformemente distribuiti) la situazione potrebbe essere diventata precaria e quindi i tramezzi - ora tolti - avere aiutato la struttura a tenere. L'architetto Soprani sarà preso a sommarie informazioni domani. A breve potrebbero esserci già i primi iscritti nel registro degli indagati. Oggi saranno ascoltati altri condomini e, nel frattempo, è stato rintracciato e convocato anche il proprietario dell'interno 14 del quinto piano che dovrà spiegare ai vigili del II Gruppo se e che tipo di lavori stesse facendo in casa. Tra oggi e domani, invece, gli ingegneri Lucrezia Le Rose e Claudio De Angelis, i due tecnici incaricati dalla Procura, potrebbero fare un primo sopralluogo nella struttura. Anche il condominio ha un suo perito. Momento atteso dagli sfollati perché darebbe il via al dissequestro dell'edificio al 70 del lungotevere Flaminio e, quindi, alla rimozione delle macerie e messa in sicurezza. La ditta incaricata è già pronta a partire. Pezzi di cemento pendenti sono una minaccia continua. Ieri sono potuti rientrare in casa e negli studi professionali i condomini del civico 15 su piazza Gentile da Fabriano, tranne i residenti al V, VI e VII piano. Hanno la luce, ma non ancora il gas per motivi di sicurezza. Ha riaperto anche il ristorante “L'Ocanda giuliva”, «con grande tristezza nel cuore», dice la proprietaria Emanulea Ceruti. «Da stasera (ieri, ndr) riapriamo, ma non abbiamo prenotazioni. Questo lungotevere chiuso è spettrale, il collega del bar sotto sequestro è disperato, piangeva. Ci sono tutti i nostri dipendenti in pericolo. Non ci abbandonate».