Delitto di via Poma, Mario Vanacore è il killer di Simonetta Cesaroni? Ecco l'informativa dei carabinieri (che non convince i pm)

Si tratta di «ipotesi e suggestioni», come scrivono i magistrati di piazzale Clodio, che «non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato»

Delitto di via Poma, Mario Vanacore è il killer di Simonetta Cesaroni? Ecco l'informativa dei carabinieri (che non convince i pm)
di Michela Allegri
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Venerdì 5 Gennaio 2024, 18:05 - Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 07:15

Una nuova pista, che per i carabinieri che hanno indagato sul caso è la più probabile, ma che non ha convinto la Procura di Roma, che ha deciso di chiedere l’archiviazione dell’ultima inchiesta sul delitto di via Poma. Secondo i militari, a uccidere Simonetta Cesaroni con 29 coltellate il 7 agosto del 1990, potrebbe essere stato Mario Vanacore, il figlio del portiere dello stabile dove è stato trovato il cadavere della giovane, Pietrino Vanacore, inizialmente sospettato nella prima inchiesta. Secondo la nuova ricostruzione dei carabinieri di piazzale Clodio, il portiere avrebbe nascosto la responsabilità del figlio, per poi togliersi la vita nel 2010.

Ma per i pm: «Suggestioni»

La pm Gianfederica Dito, però, non ha condiviso questa tesi, considerandola «fondata su una serie di ipotesi e suggestioni che, in assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria, non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato».

Da qui la decisione di chiedere l’archiviazione anche dell’ultima inchiesta, nata da un esposto della famiglia Cesaroni.

Delitto di via Poma, Mario Vanacore è il killer di Simonetta Cesaroni? Ecco l'informativa dei carabinieri (che non convince i pm)

La ricostruzione

Ecco come sarebbero andati i fatti, secondo l’informativa consegnata dai militari al magistrato. Simonetta Cesaroni, che all’epoca lavorava come segretaria nell’ufficio degli Ostelli della gioventù, in via Poma, arriva nell’ufficio tra le 15.40 e le 15.50. Il portiere, Pietrino Vanacore, non è nel palazzo: è uscito per fare una terapia per curare il mal di schiena. Non c’è nemmeno sua moglie, Giuseppa De Luca. Nessuno vede entrare Simonetta. Secondo l’informativa, «tra le 17.50 e le 18.15, Mario Vanacore di sua iniziativa, per averlo già fatto in precedenti occasioni», usando le chiavi del padre, entra negli uffici degli ostelli «munito di agenda telefonica per effettuare gratuitamente delle telefonate interurbane». All’epoca abitava a Torino ed era venuto a Roma insieme alla moglie e alla figlia. Secondo i militari, come scritto da Repubblica, entrando nell’ufficio «si trova davanti inaspettatamente Simonetta Cesaroni e a quel punto, intenzionato ad abusare della ragazza sola, verosimilmente sotto minaccia, la costringe ad andare nella stanza del direttore», dove poi verrà ritrovato il cadavere. L’uomo «dopo aver chiuso la porta dell’ufficio, la obbliga a spogliarsi».

 

La giovane avrebbe provato a ribellarsi, afferrando l’arma del delitto e ferendolo. A quel punto «l’uomo reagisce, sferrandole un violento colpo al viso che la stordisce e la fa cadere». Poi, le coltellate. Nell’informativa vengono ricostruiti anche i passaggi successivi: l’uomo che esce «dalla stanza aprendo la porta e lasciando il proprio sangue sul lato interno e sulla maniglia», raggiunge il telefono e cerca di «contattare il padre e la matrigna al piano seminterrato per avvisarli di quanto accaduto e chiedere aiuto. In tale circostanza sporca quindi anche la tastiera del telefono con il proprio sangue». Fuggendo «dimentica l’agenda Lavazza che aveva portato al seguito per telefonare e che verrà poi rinvenuta e prelevata dagli agenti della Polizia di Stato insieme agli oggetti personali di Simonetta Cesaroni».

La fase successiva è quella del tentativo di insabbiamento alla quale partecipa, secondo i carabinieri, Pietrino Vanacore: vengono asportati gli indumenti e alcuni oggetti della vittima e vengono anche «prelevate le chiavi con il nastrino giallo», in uso ai dipendenti. E ancora: «Nel frattempo Mario Vanacore, spontaneamente o su suggerimento del padre, si allontana dal condominio e si reca in farmacia, perché comunque è rimasto ferito». L’informativa prosegue: «Il tentativo di alterare la scena del crimine, viene interrotto alle 23.20 dell’arrivo in via Poma di Paola Cesaroni», sorella della vittima, preoccupata perché Simonetta non è ancora tornata a casa. Insieme a lei ci sono il fidanzato Antonello Barone, il datore di lavoro della sorella, Salvatore Volponi, e suo figlio. La moglie e il figlio di Pietro Vanacore avrebbero fatto passare un quarto d’ora prima di accompagnarli all’ufficio: per i carabinieri, una strategia «funzionale a consentire a Pietrino Vanacore di allontanarsi dagli uffici e di salire al quinto piano». Tre giorni dopo, Pietrino Vanacore viene fermato. Tre giorni dopo, Pietrino Vanacore viene fermato, ma le accuse contro di lui vengono archiviate, perché smentite dalle indagini. Una seconda inchiesta porta invece alla condanna in primo grado di Raniero Busco, all’epoca fidanzato di Simonetta, che però viene assolto nei gradi di giudizio successivi. 

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