Il fotografo Tony Gentile racconta a Rieti quel suo scatto a Falcone e Borsellino pubblicato da Il Messaggero nel 1992

Tony Gentile a Rieti
di Giacomo Cavoli
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Lunedì 2 Ottobre 2023, 11:06

RIETI - “Il 20 luglio 1992, il giorno dopo la strage di via D’Amelio, Il Messaggero fu il quotidiano che, per la prima volta e nella prima pagina nazionale, pubblicò la mia foto di Falcone e Borsellino”. Da quel giorno sono trascorsi trentun anni, ma il ricordo di Tony Gentile - il fotoreporter palermitano che quella foto l’aveva scattata poco meno di quattro mesi prima, il 27 marzo, finendo inevitabilmente per saldarsi ad essa - è ancora perfettamente nitido. Ed è stato proprio Gentile a ricordare la prima pagina del Messaggero, sabato pomeriggio a Rieti in via del Duomo, durante l’incontro organizzato da Utopia, l’associazione reatina di promozione sociale nata dall’amore per la fotografia dei suoi sette soci fondatori, presenziato anche dall'assessore comunale alla Cultura, Letizia Rosati.

La genesi della foto simbolo. Fino a quella drammatica prima pagina de Il Messaggero che annunciava la morte del giudice antimafia Paolo Borsellino, la foto era rimasta infatti nel cassetto dell’agenzia Reuters, alla quale Gentile era ed è tutt’ora in forza.

Scattata a Palazzo Trinacria di Palermo durante l’incontro pubblico al quale i due giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino presero parte per sostenere la candidatura alla Camera dei Deputati del loro collega Giuseppe Ayala, lo scatto non venne immediatamente pubblicato dall’edizione locale del Giornale di Sicilia, per il quale Gentile collaborava. Fin lì nulla di strano, normali scelte redazionali: “Nel momento in cui la scattai, aveva un significato – spiega Gentile - Il 23 maggio, il giorno dopo la strage di Capaci, la foto cambia significato e dopo l’attentato a Borsellino, quella foto nasce di nuovo per la terza volta”.

Gentile - ormai avvezzo all’associazione con quello scatto - ne ripercorre la genesi: “Quando scattai la foto di Falcone e Borsellino avevo 28 anni, era il 27 marzo 1992 – racconta – Erano trascorse due settimane dall’assassinio di Salvo Lima, ucciso il 12 marzo. Falcone e Borsellino avevano suggerito a Giuseppe Ayala di organizzare un incontro pubblico così da dargli una mano per la sua campagna elettorale. Ma sebbene l'evento fosse stato organizzato a favore di Ayala, quella sera Ayala non l'ho mai fotografato. Nella mia testa l'intento è preciso, la mia notizia sono Falcone e Borsellino. Se produci foto segui i personaggi e in quel periodo i due giudici erano sempre sulle notizie nazionali più importanti. La fotografia, poi, è intuizione – prosegue Gentile - Se non sei in grado di anticiparlo, vedi l’istante ma lo perdi. Infatti, osservando in sequenza i negativi della foto, si capisce che quando Falcone e Borsellino si avvicinano per parlare io mi muovo e mi sposto, perché intuisco che sta per accadere qualcosa. E quel rullino non l’ho mai finito: una volta realizzato quello scatto mi sono fermato e non ne ho fatti altri, perché sapevo di avere una buona foto e sono andato a stamparla. E’ perfetta: la composizione che li fa convergere mi aiuta a far percepire la loro amicizia e il loro senso di complicità. E’ quella, più di tutte le altre, che racconta quella sera”. Gentile ancora non lo sa’, ma quel cerchio rosso intorno al negativo numero 15 del foglio dei provini a contatto sta per legarlo inevitabilmente alla Storia più dura degli ultimi trent’anni d’Italia.

L’evoluzione. Tutto ciò che è arrivato dopo, è noto. La foto è stata riprodotta ovunque, su qualunque supporto e in tantissime occasioni, ma Gentile non se ne è mai sentito offuscato. Per la Reuters ha raccontato due mondiali di calcio (uno, quello del 2006, vinto dall’Italia di Marcello Lippi), quattro Olimpiadi, tre papi nei loro numerosi viaggi apostolici e incontri tra capi di stato (passando anche per la Stanza Ovale della Casa Bianca, sotto la presidenza Obama), muovendosi con disinvoltura tra cronaca, attualità, sport e fatti di costume: “Io ho fatto la mia carriera, ma non l’ho basata su quella foto – commenta il fotoreporter - E’ un momento molto importante, ma tutto ciò che sappiamo di questa foto l'ha fatto la gente riproducendola ovunque, non l'ho fatto io. Ho testimonianze di persone che nella loro vita hanno scelto di fare i magistrati perché ispirati dalla foto di Falcone e Borsellino. E non mi rappresenta soltanto cose buone ma anche negative, come il fatto che siano entrambi morti. E’ una foto dolorosa”. Le immagini più significative della sua Sicilia, Gentile le ha documentate nel bel volume “Sicilia 1992. Luce e memoria” (Silvana Editoriale), nelle cui pagine scorrono le immagini riferite ai delitti eccellenti (Salvo Lima), ai funerali del giovane magistrato Rosario Livatino e dello scrittore Leonardo Sciascia, alla visita di Giulio Andreotti a Palermo, al processo al sindaco condannato per mafia Vito Ciancimino, al dolore del giudice istruttore Antonino Caponnetto davanti alla bara di Giovanni Falcone, insieme ai tanti scatti che immortalano scorci della vita siciliana.

La riflessione su Letizia Battaglia. Un ragionamento, il suo, che Gentile applica anche a difesa del lavoro di un’altra grande della fotografia siciliana, Letizia Battaglia: “Battaglia viene identificata come fotografa della mafia, ma questo non vuol dire farne parte - conclude - Nessuno di noi ha mai raccontato la mafia, perché questo avrebbe voluto dire parteciparne alle riunioni. In quegli anni, non abbiamo fatto altro che fare l'ufficio stampa della mafia. Anche Letizia Battaglia lo ha fatto in maniera inconsapevole e la sua fama internazionale è legata al suo lavoro, che è straordinario, ma lei non è stata soltanto quello per cui viene identificata. Infatti, chi le è stato accanto durante la vita ora sta cercando di far capire che Battaglia ha fatto anche altro”.  

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