Vecchi gestori dell'emporio cinese fallito: in tre fuggiti in Cina con 900 mila euro. L'attività aperta con nuovi titolari

Un'aula del tribunale di Rieti
di Emanuele Faraone
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Martedì 12 Dicembre 2023, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 09:32

RIETI - Saranno “ricercati” fino al 9 agosto 2042, per la notifica della sentenza di irreperibilità decretata, i tre cittadini cinesi ritenuti, in concorso, responsabili del fallimento dell’emporio cinese “Cinecittà” in via Salaria per L’Aquila, attività successivamente rilevata e gestita da altri soggetti. Infatti, è stata riscontrata la permanenza della loro condizione di irreperibilità venutasi a determinare in seguito al crack finanziario della società, avvenuto nel 2017, e sul quale eseguì approfondite indagini patrimoniali il nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Rieti.

Da qui la sentenza emessa dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Rieti, Riccardo Giovanni Porro, che ha dichiarato «di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte degli imputati», disponendo, contestualmente, che la ricerca dei soggetti dovrà proseguire fino al 2042 (data pari al doppio dei termini di prescrizione).

Qualora venissero rintracciati entro il termine fissato, sarà notificata la sentenza con relativo avviso che il processo a loro carico sarà riaperto davanti all’autorità giudiziaria del tribunale di Rieti. Ma, per ora, per il trio ritenuto responsabile del fallimento dell’attività commerciale cittadina, sempre molto frequentata, ancora nessuna traccia.

La vicenda. Nei confronti dei tre cittadini cinesi - uno di 61 anni e gli altri due 38enni (assistiti dalle avvocatesse Sara Principessa e Gioia Tiberti del foro di Rieti) - era stata contestato, in concorso tra loro e a vario titolo, secondo i rispettivi ruoli e mansioni, di amministratore, socio unico e procuratore - il reato di bancarotta fraudolenta aggravata da una serie di circostanze e omissioni nonché una recidiva specifica per alcuni di loro.

L'accusa. Secondo l’accusa (pubblico ministero Edoardo Capizzi), in data anteriore al fallimento, e comunque in un momento in cui la situazione debitoria si era già manifestata, avrebbero distratto dal patrimonio della società beni aziendali e liquidità per oltre 900mila euro, quali ricavi derivanti dall’attività d’impresa, con l’esecuzione di bonifici in favore di altre società, senza valida giustificazione economica e, inoltre, in assenza di rapporti economici tra la fallita società e le società beneficiarie dei bonifici. Un gioco, è il caso di dire, di “scatole cinesi” che, nel tempo, ha causato un danno economico piuttosto rilevante alla società fallita.

Sempre secondo gli addebiti della procura reatina, i cinesi avevano sottratto libri e scritture contabili omettendone la consegna agli organi della procedura fallimentare, così da rendere difficoltose le indagini dei finanzieri di Rieti per risalire a tutte le movimentazioni “fuorilegge” compiute tra 2009 e 2017. In particolare non erano stati consegnati il libro giornale, i mastrini di conto e dei clienti fornitori, i registri Iva acquisiti e il libro inventari in maniera tale da impedire, di fatto, alla curatela fallimentare di ricostruire il patrimonio, tutti i movimenti degli affari e le movimentazioni fraudolente. Parte offesa nel procedimento penale la società “Cinecittà Srl”, dichiarata fallita dal tribunale di Rieti il 9 agosto 2017 e ora alle prese con un procedimento penale che, almeno fino al 2042, avrà possibilità di essere instaurato.

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