Il tutto è accaduto mercoledì sera: mentre nella chiesa di San Giovanni Battista, a Campoloniano, decine di fedeli (quelli veri) si riunivano in preghiera per ricordare la bambina, a piazza San Francesco andava in scena l’indispensabile sagra paesana dal titolo «Gran galà delle Orchestre». Due brani suonati, zumpappero zumpappà, poi un minuto di raccoglimento, questo sì, e di nuovo musica. Ma nessuno si è sentito in dovere di fermare, almeno per qualche ora, i festeggiamenti; così come nessuno si è sentito in dovere di chiedere alla città di unirsi nel ricordo di Sofia. Era troppo tardi, ormai. Eppure sarebbe bastato un comunicato, la città avrebbe capito. Ma niente, la Pia Unione - e questo è quello che rimarrà - ha deciso di fare finta di nulla, di consentire lo svolgimento del «Gran galà» come se niente fosse e come se, le sorti del Giugno Antoniano, fossero indissolubilmente legate all’ennesimo evento che ha davvero poco a che vedere con il Taumaturgo di Padova.
Speriamo che il vescovo trovi il tempo per riflettere su quanto è accaduto, visto che, la Pia Unione, non è solo un’associazione pubblica di fedeli, ma anche - così recita lo statuto - una «componente attiva della stessa pastorale diocesana». Serve un ripassino dei dettami cristiani. E serve, soprattutto, ricordare ai vertici della stessa Pia Unione qual è la missione di un’associazione pubblica di fedeli. In caso contrario, la città, può benissimo fare a meno del suo indispensabile ruolo, basta un’agenzia di eventi per organizzare sagre, cene, colazioni e balli di piazza. Con buona pace di chi, negli anni, ha trasformato, anche la Pia Unione, in una sorta di club di servizio.
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