Libia, liberati i tecnici italiani rapiti a settembre: «Non hanno subito violenze»

Cacace e Colanego
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Sabato 5 Novembre 2016, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 09:42
Sono stati sempre nelle mani dello stesso gruppo di sequestratori e non sono mai stati separati Danilo Calonego e Bruno Cacace, i due tecnici italiani rapiti in Libia e liberati oggi. È quanto emerge dal racconto che i due hanno fatto oggi al pm di Roma, Sergio Colaiocco che indaga sulla loro vicenda. In base alla ricostruzione del sequestro, iniziato il 19 settembre scorso, i sequestratori erano un gruppo di criminali comuni senza alcuna matrice religiosa. I due italiani hanno riferito inoltre che le persone che li tenevano in ostaggio bevevano regolarmente alcol e non pregavano. Il blitz per liberarli, in base a quanto si apprende, sarebbe avvenuto a 300 chilometri da Ghat.

Bruno Cacace, 56 anni, residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), che vive in Libia da 15 anni, e Danilo Calonego, 66 anni, della provincia di Belluno, erano stati rapiti tra le 7 e le 8 del mattino del 19 settembre scorso a Ghat, nel sud della Libia al confine con l'Algeria, da sconosciuti armati e mascherati nei pressi del cantiere dove lavoravano. La banda armata aveva bloccato la vettura sulla quale viaggiavano. Con loro era stato rapito anche l'italo-canadese Frank Boccia. Tutti e tre sono tecnici della Con.I.Cos. e al momento del rapimento lavoravano all'aeroporto della cittadina libica.

La Farnesina conferma che i due tecnici italiani della società Conicos e il cittadino canadese Frank Boccia, sono stati liberati questa notte nel sud della Libia e hanno fatto rientro in Italia nelle prime ore di questa mattina con un volo dedicato. La vicenda si è conclusa grazie alla efficace collaborazione delle autorità locali libiche. 

Colonego e Cacace verranno ascoltati dai magistrati della Procura di Roma. All'atto istruttorio, che potrebbe avvenire in una caserma del Ros, parteciperà anche il sostituto procuratore Sergio Colaiocco che sulla vicenda ha avviato un'inchiesta in cui si ipotizza il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso sollievo e soddisfazione per la liberazione e ha ringraziato tutte le istituzioni che si sono prodigate per la positiva conclusione della vicenda. 

«Oggi è un momento di sollievo e di gioia che vorrei condividere con i familiari dei nostri tecnici. Un pensiero grato a tutti coloro che hanno lavorato per la loro liberazione, dagli apparati di sicurezza all' unità di crisi della Farnesina. Un grazie particolare alle autorità e alle forze di sicurezza libiche. Riconoscenza per la sincera solidarietà fatta sentire dai sindaci e dalle kabile del sud della Libia», ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

«La notizia più importante è che Danilo Calonego e Bruno Cacace hanno riferito di non subito trattamenti di particolari violenza e di essere in buone condizioni di salute», ha detto il ministro degli esteri Paolo Gentiloni. «Certamente c'è grande soddisfazione - ha aggiunto - per la liberazione dei nostri due connazionali e del loro collega canadese».  


«Ho passato dei giorni infernali, ma ora è tutto passato», commenta Maria Margherita Forneris, la mamma di Bruno Cacace.
Intorno a lei, a villa Primula in Borgo San Dalmazzo, si è stretta tutta la famiglia: «Oggi è una giornata bella, non vedo l'ora di abbracciarlo perché quando tornava dalla Libia, abitava con me - ha detto - Ho avuto tanti momenti di sconforto, ma la comunità di Borgo ci è stata vicino. Faremo una festa di famiglia e una festa di ringraziamento». Da Roma Cacace ha chiamato le figlie che abitano in Francia.


«Finalmente è un buongiorno. So che mio fratello è libero e sono felice. Non l'ho ancora sentito. Aspettiamo tutti il suo ritorno», ha detto a caldo Daniela Calonego aggiungendo di essere stata avvertita dalla Farnesina della conclusione positiva della vicenda. «Sono contenta, veramente contenta. È da quel 19 settembre che non avevamo più notizie di Danilo. Non so quando tornerà a casa ma l'aspettiamo».
 
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