Quando il 3 marzo scorso presentò a palazzo Chigi il provvedimento er convinti che mettendo l'istruzione al centro del dibattito e assumendo 100 mila insegnanti (leggasi centomila!) avrebbe rilanciato l'azione del governo e strizzato l'occhio a un mondo amico (consorte compresa). Poco meno di uno spot, dunque.
ANCHE RUBBIA CONTRO È successo il contrario. Un autogol. Ed è un colpo duro da incassare. Forse più del flop delle amministrative, più del tonfo di Casson a Venezia, della perdita dell'“amico” Bracciali ad Arezzo, più della débacle della Moretti in Veneto. Premier e pd non s'aspettavano una reazione «così forte» dai docenti. Meno che mai l'adesione bulgara al blocco degli scrutini.
E si badi bene: non da quei precari che sarebbero rimasti esclusi, reazione prevedibile, scontata. Ma da prof stabilizzati, quelli di ruolo che lo stipendio, sia pure inadeguato, non glielo tocca nessuno. Quando poi è venuto a mancare anche l'appoggio dei Gae, i docenti delle graduatorie ad esaurimento che con il ddl avrebbero ottenuto la cattedra, allora il disorientamento al Nazareno è stato totale.
«Dove abbiamo sbagliato?». Il ministro Giannini qualcosa forse aveva intuito. Quando le dissero che il piano assunzioni sarebbe stato inglobato nel ddl fece buon viso a cattivo gioco. («Anche se il Parlamento correrà gli uffici non faranno in tempo...», confidò ai suoi collaboratori). Un allarme caduto nel vuoto. Dopo le risse alla Camera e gli scontri con il dissidente dem Fassina il problema si è riproposto tale e quale in Senato.
Prima Walter Tocci, poi Corradino Mineo, di area civatiana, hanno fatto capire che senza lo stralcio delle assunzioni quel testo non lo avrebbero votato. La risposta è stata che senza la riforma assumerne 100 mila subito e altri 60 mila dopo con il concorso non avrebbe avuto alcun senso. Ai dissidenti si è aggiunto anche il senatore a vita, il Nobel Carlo Rubbia, che ha presenziato solo al 12,8% delle votazioni in Aula (dati OpenParlamento) ma non ha saltato una seduta della commissione.
ETEROGENESI Risultato: qualcuno si è fatto i conti e ha scoperto che anche facendo le corse pazze, superando di slancio la montagna di emendamenti presentati dal fuoco amico e dalle opposizioni, nel migliore dei casi sarebbe stato un 15 a 15. Un altro pareggio - che a palazzo Madama equivale ad una bocciatura - come già era successo in commissione Affari costituzionali. Se poi aggiungiamo dal ministero di viale Trastevere arrivavano segnali di resa («..ormai siamo fuori tempo massimo») e che nel frattempo i pareri della commissione Bilancio sugli emendamenti, checché ne dica il presidente Azzollini, impegnato a respingere la richiesta di arresto, arrivavano con il contagocce, il quadro è perfetto.
Una batosta annunciata.
Non bastasse, a mettere il bastone tra le ruote ha contribuito anche l'assemblea dei senatori Ap-Ncd convocata ieri sera che ha spinto il presidente della VII commissione a sconvocare la seduta prevista alle 20.30, quando ancora si pensava di fare notte fonda e di battersi per il ddl. Ora si può fare con calma, non c'è più fretta. Hanno vinto i prof: non saranno assunti. Ma c'è infine un altro aspetto affatto trascurabile. Nel portafoglio del governo resterà un miliardo da spendere. Sempre che i precari non ci ripensino e decidano di rimettersi in marcia per andare in direzione opposta e contraria.