Alfano: «Garantisti sul caso Azzollini ma il governo vada avanti fino al 2018»

Alfano: «Garantisti sul caso Azzollini ma il governo vada avanti fino al 2018»
di Barbara Jerkov
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Venerdì 12 Giugno 2015, 06:29 - Ultimo aggiornamento: 08:41
«Abbiamo un lavoro da completare». La mette così, Angelino Alfano, rientrando a sera al Viminale dopo un lungo pomeriggio tra Consiglio dei ministri e comitato per la cooperazione a palazzo Chigi. A inseguirlo, le tante telefonate dei suoi, che si chiedono se il caso Azzollini e l'avviso di garanzia al sottosegretario Castiglione metteranno a rischio la tenuta del governo.

L'AGENDA

«Il governo deve andare avanti fino al 2018», chiarisce il leader dell'Ncd, «e non possiamo interrompere un lavoro che ha come obiettivo quello di agganciare la ripresa e restituire speranza all'Italia dopo una lunga crisi economica. E dobbiamo realizzare le riforme che abbiamo sempre considerato importantissime, dando al Paese di fatto dopo la legge elettorale una nuova forma di Stato». Con Matteo Renzi in questi giorni ci sono stati contatti quotidiani, a conferma di una collaborazione politica, oltre che di governo, che nonostante il ciclone giudiziario volesse il contrario, non è mai venuta meno. «Ma non siamo di fronte a un emergency case», spiega Alfano, «non c'era alcun motivo di drammatizzare. Ognuno ha continuato a lavorare, come dimostra il grande lavoro appena concluso in Consiglio dei ministri. Si va avanti secondo la tabella di marcia concordata».



1994

Tra i neocentristi in queste ore difficili sono in tanti, però, a pensare che dal 1994 ad oggi, in fondo, sia un po' sempre la stessa storia che si ripete: la vita dei governi appesa alle decisioni delle Procure. «Le Procure, se ci sono dei ladri, li devono arrestare», stoppa subito il discorso il ministro. «Poi, rispetto a vent'anni fa mi pare di capire, e speriamo di non dover essere smentiti, in queste ultime inchieste sono stati coinvolti livelli amministrativi molto bassi, laddove Tangentopoli decapitò un'intera classe dirigente ai suoi vertici». Eppure anche oggi tra gli indagati c'è un sottosegretario che si dice essere il principale portatore di voti dell'Ncd in Sicilia. «Se è di Castiglione che parliamo», avverte il segretario centrista, «io sono pronto a scommettere sulla sua correttezza ed onestà».



E sulla richiesta di arresto per Azzollini? «Siamo e continueremo ad essere garantisti», dice Alfano, «consapevoli che una persona si può processare senza arrestarla e al tempo stesso aggiungo che bisogna studiare bene le carte». Dalle carte di Trani sono emerse frasi che il senatore avrebbe rivolto alle suore coinvolte con lui nell'inchiesta, decisamente forti e violente. «Attenzione: non sono intercettazioni, parole udite, ma sono frasi riferite da altri, che gli vengono attribuite e che Antonio ha smentito. Gli ho parlato e mi ha assicurato che intende difendersi nel processo e che non farà nulla per sottrarsi al processo». Il Pd, diversamente, ha già chiarito con Orfini che ritiene «inevitabile» votare sì alla richiesta d'arresto dei pm pugliesi. Il ministro dell'Interno ancora una volta non si sottrae ma dipana la questione. «Non si può votare in base a un pre-trattino-giudizio», premette. «Occorre valutare in base alle carte che devono avere un rilevo fondamentale perché, non dimentichiamolo, si sta parlando della libertà di una persona».



Dunque, e qui arriviamo al cuore del problema politico che in queste ore sta turbando i sonni del premier e della sua coalizione: c'è o no un nesso diretto tra la tenuta del governo e il voto che il Pd, socio di maggioranza della coalizione, darà in giunta sull'arresto del senatore ncd? «Si tratta di due piani distinti e separati», risponde scandendo chiaro le parole il leader, «e come tale occorre trattarli».



GLI INCARICHI

Epperò allora il discorso deve per forza di cose andare oltre. Perché se è logico che il Nuovo centrodestra difenda in Parlamento la libertà personale del suo esponente, è altrettanto logico domandarsi: può un parlamentare sul cui capo pende una richiesta d'arresto rimanere alla guida di una commissione-chiave come quella Bilancio a palazzo Madama, da cui - è appena il caso di ricordarlo - dipendono tutti i provvedimenti del governo? Ancora una volta Alfano non sfugge il problema: «Mi pare che le commissioni siano in fase di scadenza e di rinnovo», risponde infatti, «quindi ce ne occuperemo in quel contesto».

Mettendo insieme i pezzi di questo puzzle politico-giudiziario, difficile non cogliere un fil rouge che va dall'inchiesta romana che ha travolto i dem capitolini alla richiesta d'arresto per Ncd, possiamo anche metterci il rifiuto del gip di Genova alla richiesta del pm di archiviazione nella vicenda del padre del premier. La domanda è inevitabile: teme un disegno politico della magistratura contro un governo che sta toccando con le sue riforme anche le toghe? «Ad oggi non mi sento di poterlo dire», chiude il discorso il ministro.



Eppure tra i neocentristi c'è chi lamenta di aver pagato più di altri l'assalto delle Procure. E si citano le dimissioni di Nunzia De Girolamo e di Maurizio Lupi, al centro di furiose inchieste giudiziarie. «Perché proprio noi?». «Renzi non ci ha difesi abbastanza»... «Io non ho mai avuto la sindrome del complotto», taglia corto Angelino Alfano, «e non vogliamo cominciare ad averla ora. Quanto a quei casi precedenti, si è trattato sempre di amici non indagati che hanno deciso di fare un passo indietro senza esservi tenuti. Questo ci tengo a ricordarlo sempre». Mentre magari, continua la vox centrista più offesa in queste ore, propri esponenti indagati il Pd non solo li ha lasciati al loro posto ma anzi li ha promossi con una candidatura (vedi caso De Luca). «Ciascuno è assolutamente libero di fare quel che ritiene e ne è responsabile di fronte all'opinione pubblica», replica Alfano. «Questo attiene alla libertà dei partiti politici che assumono delle responsabilità».



E' sembrato che sulla vicenda Azzollini, in Giunta per le autorizzazioni, tornasse un asse con Forza Italia in nome del garantismo. «Non abbiamo mai cambiato ideali e non abbiamo mai cambiato speranza per il futuro dell'Italia», dice Alfano, «le cose che stiamo dicendo ora le siamo dette anche quando sotto accusa erano esponenti del Pd».



CASO ROMA

Sul caso Roma pende il rischio commissariamento del Campidoglio per mafia. Una decisione che passerà direttamente dal Viminale. «La procedura è complessa», frena il ministro enumerando i passaggi: fine del lavoro della commissione nominata dal prefetto, valutazione del prefetto, valutazione del ministro, infine decisione del Consiglio dei ministri. «Una serie di passaggi molto di là da venire», sottolinea. «Bisogna aspettare l'esito della commissione prefettizia».

LE INTERCETTAZIONI



Renzi aveva preannunciato per giugno la riforma delle intercettazioni che da anni il nostro Paese aspetta. Le inchieste giudiziarie di Mafia Capitale non rischiano di mettere a repentaglio questo impegno del governo, nel timore di non apparire anti-magistratura proprio ora? «Questa riforma è stata votata dal Consiglio dei ministri da un annetto», sottolinea il ministro, «e sono almeno sette otto anni che ne sentiamo parlare, dal primo tentativo del governo Prodi. Se dopo tutto questo tempo non si è in grado di procedere... Non mi risultano cambi di calendario». Su un altro capitolo dell'agenda, invece, Ncd ha già fatto capire che intende dar filo da torcere a palazzo Chigi: ovvero sulle unioni civili. Alfano la mette così: «Le posizioni sono molto distanti. Non la riteniamo né l'abbiamo mai ritenuta una priorità».