E' il capo. Non importa che sia in carcere. Giuseppe Romolo Di Silvio sta scontando 25 anni quale esecutore materiale dell'omicidio di Fabio Buonamano, detto Bistecca, avvenuto nel gennaio 2010 in via Monte Lupone, al culmine della guerra criminale che sconvolse Latina. Per il delitto fu condannato a 20 anni anche il nipote, Costantino Di Silvio detto Patatone che tentò inutilmente di scagionare lo zio Romolo, probabilmente per proteggere il capo del clan.
IL DELITTO BUONAMANO
Il delitto Buonamano maturò nell'ambito di una feroce lotta tra gruppi criminali opposti per il controllo delle attività illecite. In poche ore si susseguirono tre fatti di sangue: il tentato omicidio di Carmine Ciarelli, raggiunto da sette proiettili davanti a un bar al Pantanaccio e poi miracolosamente sopravvissuto; l'omicidio di Massimiliano Moro, freddato in casa con un colpo alla nuca, e infine il delitto di Fabio Buonamano in via Monte Lupone. Bistecca fu ucciso con tre colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata alla testa, al collo e al torace. L'autopsia stabilì che il decesso fu immediato e che subito dopo l'autovettura degli assassini travolse il cadavere, trascinandolo a terra, per poi dileguarsi.
Il peso criminale di Romolo Di Silvio emerge dalle 313 pagine dell'ordinanza firmata dal gip Rosalba Liso.
IL CAPO
Parla da capo. Quando cerca di contenere le intemperanze di Patatino. E quando dice ai figli e al genero quando usare le armi. «Quando tocchi quelle cose... ascoltami! Le devi toccare solo quando capisci che la persona sta venendo per ucciderti! Allora lo stesso io ti dico: a figlio mio, vatti a fare trent'anni...». Il figlio quasi lo irride, «si, mi devono mandare pure il telegramma». Il padre lo zittisce: «Siediti! Sto parlando, siediti! Già che fai sti scatti a me non mi piaci! Io sto parlando!». Morale: «vuole convincere Patatino (il figlio, ndr) a non girare armato - annota il gip - e ad evitare la guerra con altri clan».
E alla fine non usa mezzi termini: «Tu devi fare quello che dico io!». E «quando viene qualcuno devi sapere quello che devi dire e quello che ascolti». Invece al genero da indicazioni come gestire al meglio lo spaccio. «Devi tenere tutta la città in mano» gli dice, perché l'obiettivo dell'associazione «è conquistare sempre maggiore potere» annota la gip. E quando il genero gli fa presente in un colloquio intercettato a Rebibbia che non è facile mantenere certi standard delle vendite di droga visti i controlli pressanti delle forze dell'ordine . lui sbotta, «Ma sii un po' più uomo». E aggiunge: «Io per un anno ho portato avanti quattro famiglie... e stavo con il coso al piede». Non lo aveva fermato il braccialetto elettronico. E neppure il carcere.
Vittorio Buongiorno
Marco Cusumano
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